venerdì 23 novembre 2012

Il piccolo grande gesto di Ken Loach



El mañana es nuestro compañeros!
Con queste parole si conclude lo straziante, breve ed emozionante discorso pronunciato da Blanca davanti alla bara dell'amato Coogan, miliziano ucciso dai fascisti durante la Guerra Civile Spagnola, nello splendido film Terra e libertà di Ken Loach
Un film che riesce ad emozionarmi sempre, come se lo guardassi per la prima volta. E l'intensità del brivido che attraversa la mia schiena nel momento in cui quelle parole vengono pronunciate è sempre la stessa, non si affievolisce minimamente col passare del tempo. 
Ora, forse, ho capito perché. Perché quella storia portata sullo schermo dal regista britannico si impernia su valori e ideali nei quali Loach crede fino in fondo.  E questo fa sì che quegli ideali e quei valori riescano a debordare ogni volta lo schermo e ad incidere sullo spettatore con una forza tale da rivelare la loro appartenenza ad una "figura umana" prima ancora che ad una "figura autoriale". 

Forse non c'è neppure bisogno di precisare il fatto che queste mie considerazioni muovono dallo straordinario gesto di cui Loach si è reso protagonista ieri pomeriggio, ma cercherò comunque di fare sinteticamente il punto della situazione.
A pochi giorni dall'apertura del 30° Torino Film Festival, Ken Loach ha annunciato con un comunicato stampa di rifiutare il premio alla carriera che avrebbe dovuto ritirare proprio nell'ambito di questa manifestazione. Il motivo è semplice, e le parole di Loach ineccepibili: 

"E'  con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
[...] Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile. 

A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate.  [...] In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna."

Il gesto di Loach ha squarciato un velo di ipocrisia e di omertà, qualcosa di cui "tutti sanno ma nessuno parla" e che, ovviamente (e sfortunatamente), non riguarda soltanto il Museo Nazionale del Cinema, ma che si estende a gran parte delle imprese italiane. 

Le parole scritte in quel comunicato sono rimpallate sul web con la velocità di un proiettile impazzito, accumulando in brevissimo tempo migliaia di apprezzamenti e di commenti entusiastici, e rimpiazzando almeno per una serata la vuota retorica dei nostri politici che in questi giorni riversano nel web e nelle televisioni fiumi di parole alla ricerca di consenso elettorale. 

E nel fiume di tanti discorsi vuoti ecco che la concretezza di un gesto irrompe con tutta la sua potenza, ripristinando quella che è/dovrebbe essere la vera funzione di un artista-intellettuale: avere la capacità di leggere il proprio presente e la Storia attraverso le sue opere, ma sapersi proporre anche, al contempo, come fonte di ispirazione e di riflessione ben oltre il proprio operare artistico. 
Stiamo parlando, nel caso in cui fosse sfuggito, di un gesto a difesa del personale addetto alle pulizie e alla manutenzione del Museo Nazionale del Cinema: figure professionali che navigano in una sorta di semi-invisibilità e delle quali la maggior parte di noi riesce a malapena - e con estrema fatica - ad immaginare l'esistenza... Figuriamoci preoccuparci per i loro diritti!
Dall'altra parte c'è un settantaseienne pluripremiato regista di fama internazionale, che potrebbe trascorrere il resto della sua vita a passeggiare sui red carpet, beandosi delle decine di premi alla carriera che gli verranno tributati nei prossimi anni.
E' sempre bene precisare questi "piccoli dettagli" che fanno la differenza.

In questa bellissima storia, però, c'è comunque spazio per l'amaro in bocca. E questo viene dalla risposta che è giunta ieri in serata da parte del Museo del Cinema.

Ci si aspettava (e figuriamoci!) una difesa del proprio operato, e magari anche qualche giustificazione alle "accuse" di Loach, ma si sperava (almeno, io lo speravo) che il comunicato di risposta avrebbe riservato un minimo spazio all'apprezzamento nei confronti del gesto del regista e alla piena condivisione dei suoi intenti.
E invece no. Il contenuto della lettera era mirato a far emergere la regolarità del contratto di assegnazione dei servizi di vigilanza e pulizia e a precisare che 

"il Museo non può essere ritenuto responsabile dei comportamenti di terzi, né direttamente né indirettamente. Di conseguenza, non sarebbe in alcun modo legittimato a intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di una cooperativa esterna e la loro stessa società". 

Mi viene da dire soltanto: troppo facile così! 
E proprio per questo avrei gradito, a margine di tale prevedibile precisazione, una brevissima nota di apprezzamento per il gesto di Loach che, pur non essendone tenuto, ha scelto di intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di una cooperativa esterna e la loro stessa società. 
E aggiungerei anche che nessuno obbliga il Museo a far riferimento per la richiesta di personale ad agenzie che propongono ai loro dipendenti - lo sappiamo tutti - contratti di lavoro ai limiti dello sfruttamento. La crisi economica è dura, e nessuno osa negarlo, ma se a questa aggiungiamo anche la crisi dei valori non abbiamo più alcuna possibilità di scampo: la fine è certa e i "conflitti" di cui parla Loach nel suo comunicato saranno inevitabili.

Il domani può essere ancora davvero nostro, caro Ken, a patto che ciascuno di noi sappia rendersi capace di piccoli grandi gesti come il tuo.






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