tag:blogger.com,1999:blog-43005225554815070992024-03-13T10:48:45.850+01:00cineclashblog di critica cinematograficaElio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.comBlogger39125tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-58815938689959333312015-12-07T11:37:00.001+01:002015-12-07T11:57:08.692+01:00Il cinema è l'arma più forte: "Five Broken Cameras" di Emad Burnat e Guy Davidi<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-SqQsg6plWbA/VmVb_usht0I/AAAAAAAABI4/_DP571lNjOc/s1600/five%2Bbroken.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="http://4.bp.blogspot.com/-SqQsg6plWbA/VmVb_usht0I/AAAAAAAABI4/_DP571lNjOc/s320/five%2Bbroken.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<i>Five Broken Cameras </i>è un atto politico prima ancora che un film. E non solo perché si fa carico di riportare allo spettatore la contestazione palestinese del villaggio di Bi'lin - nei territori occupati della Cisgiordania - contro la costruzione del muro da parte degli israeliani e contro l'espropriazione delle terre per l'edificazione di insediamenti abusivi, ma soprattutto perché contribuisce a interrogare la collocazione del cinema all'interno dell'universo mediatico contemporaneo: a definire con chiarezza il suo ruolo, a ribadirne la necessità (con buona pace di quanti continuano a celebrare da anni l'estrema unzione per la settima arte) e a ribadire la forza di un'estetica che sia anche - e soprattutto - funzionale. (Re)interroga dunque la "specificità" del cinema non più su un piano ontologico ma su un piano fenomenologico.<br />
<i>Five Broken Cameras </i>è capace di interferire con pacifica violenza nella <i>comunicazione massmediatica</i> riguardante la realtà di quei territori. E la comunicazione è sempre - necessariamente - un atto politico.<br />
<a name='more'></a><br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Perché, sia chiaro, <i>Five Broken Cameras </i> non è una "testimonianza" di quella protesta; <i>Five Broken Cameras </i>è parte integrante di essa, proprio perché se ne fa strumento di veicolazione da una prospettiva assolutamente interna, restandone implicato. La videocamera - o, meglio, <i>le videocamere</i> - nelle mani di Emad Burnat (co-regista e operatore del film) portano su di loro i segni della Storia che contribuiscono a veicolare, e i proiettili conficcati in esse non sono altro che un aggressione allo sguardo finalizzata alla conservazione di una comoda cecità. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa situazione contestuale si riflette in maniera forte sulla progressione narrativa del film attraverso il succedersi delle videocamere utilizzate da Emad. Una staffetta dello sguardo, dunque. O la storia dell'ostinazione di uno sguardo, quello di Emad per l'appunto. La sua determinazione a riappropiarsi ogni volta di un mezzo di ripresa, ogni volta che una videocamera viene distrutta dai militari israeliani. L'ostinazione a filmare, a sopravvivere per filmare, comprendendo solo nel tempo l'importanza del suo gesto e la sua organica appartenenza al movimento di protesta di Bi'lin; comprendendo che il suo non è <i>uno</i> sguardo <i>sul</i> movimento di protesta, ma è <i>lo</i> sguardo <i>del </i>movimento di protesta.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-vyZaOXY4uPo/VmVcEVHS49I/AAAAAAAABJE/KBOvm0Zj8RQ/s1600/five%2Bbroken%2B2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="176" src="http://3.bp.blogspot.com/-vyZaOXY4uPo/VmVcEVHS49I/AAAAAAAABJE/KBOvm0Zj8RQ/s320/five%2Bbroken%2B2.png" width="320" /></a></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Acquistata la prima videocamera per filmare i primi momenti di vita del suo quarto figlio, Emad Burnat si ritrova costretto a dover gettare un ponte tra la dimensione privata e quella pubblica del suo villaggio, inscrivendo i primi cinque anni di vita del piccolo Gibreel in un contesto socio-politico segnato dalla violenza, dalla sofferenza, dall'oppressione, ma anche dalla speranza del cambiamento. Guardando attraverso la sua cinepresa, Emad insegna a suo figlio a guardare, ed emblematico è in tal senso il momento in cui la sua voice over afferma: "Capii ad un certo punto che l'unico modo in cui potevo educare mio figlio era consentirgli di guardare ciò che avveniva intorno a lui".<br />
Lo sguardo che Emad ci restituisce, infatti, non è soltanto il suo, ma è il frutto di una compenetrazione inevitabile con lo sguardo di Gibreel, tanto che la semisoggettiva del bambino diviene ben presto una costante stilistica del film.<br />
<br />
Cinque videocamere. Cinque anni di protesta, che coincidono con i primi cinque anni di vita di Gibreel. Questi tre elementi segnano tre movimenti interni al film che si compenetrano l'un l'altro per investire lo sguardo dello spettatore con una solidità davvero straordinaria, frutto di un grande lavoro di scrittura (a posteriori) e di un raffinato montaggio. Due fasi, queste ultime, segnate da una collaborazione di Emad con il regista israeliano Guy Davidi. Un aspetto, questo, che ha suscitato numerose polemiche.<br />
<br />
Ma poco importa. Perché quel che giunge a noi è un'opera necessaria, che affonda il dito con forza nel nervo scoperto di una guerra della quale i giornali e le televisioni riescono a restituire solo una visione parziale. In essi manca l'implicazione, che è propria di film come questo. E al web, da parte sua, manca la solidità narrativa attraverso cui questo film si lascia comprendere nelle sue logiche di fondo.<br />
E allora forse - anzi, certamente - nessuno di noi dovrebbe più parlare del conflitto israelo-palestinese senza aver visto prima <i>Five Broken Cameras</i>.<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-21717781688611717802013-11-07T10:24:00.001+01:002013-11-07T10:39:52.356+01:00'900 al femminile - I mercoledì dell'arte di 6° Senso Art Gallery<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-qdWsl3rePVw/Untb_c06naI/AAAAAAAAAy8/TqhJDgNjKLY/s1600/1375143_714317825263488_485359207_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="210" src="http://1.bp.blogspot.com/-qdWsl3rePVw/Untb_c06naI/AAAAAAAAAy8/TqhJDgNjKLY/s320/1375143_714317825263488_485359207_n.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
La 6° Senso Art Gallery presenta “'900 al femminile”, incontri dedicati alla visione artistica contemporanea delle donne.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I Mercoledì dell'Arte sono un'iniziativa promossa dalla 6° Senso Art Gallery: gli incontri si terranno ogni mercoledì, dalle 19:30 alle 20:30, un appuntamento settimanale in cui giovani laureati parleranno di arti visive, architettura, cinema, fotografia, design.</div>
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dal 13 novembre p.v. si terrà “'900 al Femminile”: un ciclo di incontri che porrà al centro dell'attenzione alcune donne che hanno svolto un ruolo d'avanguardia in diversi ambiti artistici.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
• <b>13 novembre</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Valentino Catricalà:</b> “Cinema, Expanded Cinema, Expanded Arts: la visione al femminile nelle metamorfosi dell'audiovisivo”</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
• <b>20 novembre</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Isabella Pomi:</b> "Donne con la macchina da presa. Pioniere del Cinema a confronto: Alice Guy, Elvira Notari, Leni Riefenstahl"</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
• <b>27 novembre</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Elio Ugenti: </b>"Frammenti di vita. Nuovi sguardi femminili sul film biografico: Alina Marazzi e Petra Costa”</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
• <b>4 dicembre</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Stefano D'Alessandro: </b>"Dalle Architettrici alle Archistar. Zaha Adid e Odile Decq a Roma"</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>QUALCHE INFORMAZIONE SU 6° SENSO ART GALLERY:</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
6° Senso Art Gallery apre il suo spazio espositivo nell’ottobre 2008, con l’intento di promuovere il lavoro di giovani artisti emergenti e di quelli già affermati nel panorama artistico contemporaneo, valorizzando principalmente la pittura come mezzo espressivo e comunicativo, insieme alla scultura, alla fotografia, alla grafica e al design.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Bg_D7TDizoQ/UntblE0fhXI/AAAAAAAAAy0/WO1rPY62TrQ/s1600/13).jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="http://4.bp.blogspot.com/-Bg_D7TDizoQ/UntblE0fhXI/AAAAAAAAAy0/WO1rPY62TrQ/s320/13).jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La galleria propone una varietà di artisti nazionali ed internazionali con l’obiettivo di dare visibilità al loro lavoro attraverso mostre personali, collettive, eventi istituzionali, fiere internazionali e pubblicazioni editoriali. Tutti gli appassionati d’arte, i conoscitori e i collezionisti di vario genere potranno venire a trovarci in galleria e partecipare a diverse tipologie di eventi come vernissage, presentazioni di libri, dibattiti culturali, accompagnati anche da performance musicali ed artistiche.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L'obiettivo è quello di fornire al grande pubblico gli strumenti conoscitivi per comprendere le maggiori tematiche e gli artisti, in un'atmosfera di dialogo e di stimolante riflessione culturale. Perchè la galleria non è solo uno spazio espositivo ma anche uno spazio vivo e dinamico dove fare cultura!</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b>Info e Prenotazioni:</b></div>
<div style="text-align: center;">
<b> 06/6992113 </b></div>
<div style="text-align: center;">
<b>info@sestosensoartgallery.com </b></div>
<div style="text-align: center;">
<b>www.sestosensoartgallery.com </b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
6° Senso Art Galley</div>
<div style="text-align: left;">
Via dei Maroniti, 13/15 (Largo del Tritone) </div>
<div style="text-align: left;">
00187 ROMA </div>
<div>
<br /></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-66102470300885977162013-08-31T13:04:00.006+02:002013-08-31T16:45:10.383+02:00Il senso e l'utilità di una Rivoluzione Culturale. Risposta al giornalista e scrittore Roberto Tartaglia.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-7Kl08SqAulg/UiHNUYrHU-I/AAAAAAAAAxs/yGfJlo8n_4s/s1600/voragine.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="http://2.bp.blogspot.com/-7Kl08SqAulg/UiHNUYrHU-I/AAAAAAAAAxs/yGfJlo8n_4s/s320/voragine.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<span style="text-align: justify;">Le riflessioni che seguono nascono dall'esigenza di rispondere a un </span><a href="http://www.robertotartaglia.com/perche-ce-bisogno-di-una-rivoluzione-culturale-in-italia/" style="text-align: justify;">post</a><span style="text-align: justify;"> di Roberto Tartaglia, giornalista e scrittore indipendente italiano, pubblicato sul suo sito ufficiale, e intitolato "Cultura: perché c'è bisogno di una rivoluzione culturale in Italia?".</span><br />
<span style="font-family: 'Times New Roman';"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: 'Times New Roman';">Caro Roberto Tartaglia, </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: 'Times New Roman';">ho letto con attenzione il tuo post. Mi ci sono imbattuto questa mattina digitando "rivoluzione
culturale" su Google, e se l'ho fatto è proprio perché sto iniziando a
pensare che sia giunto il momento di operare in questa direzione, dando però un
valore concreto a questo concetto di "Rivoluzione" (aihmè talvolta fin troppo abusato e svuotato
del suo significato), per attualizzarlo nel quotidiano e renderlo familiare
anche alle orecchie e agli occhi di chi non si è mai posto un simile problema. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: 'Times New Roman';"></span></div>
<a name='more'></a>E nel concepire la questione in questi termini, penso immediatamente a un discorso "anti-elitario", per evitare di ricadere in errori di calcolo che sono alla radice di molte sconfitte che hanno segnato il
passato del nostro Paese (e non solo).<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Questa premessa mi serve semplicemente a
sottolineare quanto io condivida la tua posizione nelle sue linee generali. Non
ne condivido però le premesse.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Come si può pensare - oggi - che una vera
"Rivoluzione Culturale" possa nascere dalla reiterazione di una
contrapposizione tra il libro e i media audiovisivi (tu parli esplicitamente di
cinema e televisione)? Non entro nel merito della questione in modo specifico,
ma ti garantisco che il discorso sulla fruizione cinematografica e televisiva è
andato molto (Molto! Molto! Molto!) avanti rispetto a come tu lo poni.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Come si può pensare di fondare il discorso sulla contrapposizione tra una "fruizione attiva"
(che sarebbe prerogativa della letteratura) e una "fruizione passiva"
(a cui sarebbero invece incatenati gli spettatori cinematografici e televisivi)? La
metafora del "mito della caverna platonica" continua a mietere le sue
vittime.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Lascia pure che ti dica apertamente che
dal tuo discorso emerge forte e chiaro il retaggio di una serie di
"teorie" (o della loro versione "pop") che dovremmo avere
il coraggio di lasciarci alle spalle, o quantomeno di rileggere alla luce del
nuovo panorama mediatico.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">La contrapposizione
"alto/basso", che tu poni come una questione a priori, semplicemente
non esiste. Esiste la buona letteratura e la pessima letteratura. Esiste il
buon cinema e il pessimo cinema. Esiste la buona televisione e la pessima
televisione. E soprattutto esiste un buon "uso"<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e un pessimo "uso" di tutto questo. O, meglio, un uso consapevole e uno inconsapevole.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Ma esiste soprattutto una possibile (e
sempre più auspicabile) intermedialità, che può sfumare i confini tra queste
diverse forme di espressione (visive o testuali poco importa), e tra molte
altre che potrebbero aggiungersi a questo troppo esiguo elenco. E soprattutto
esistono oggi i mezzi per veicolare queste potenzialità intermediali. Esistono le
modalità per lasciar intravedere l'importanza e la necessità di questa
"Rivoluzione" (e non di quella che tu auspichi). <o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">E dobbiamo essere noi "operatori di
cultura" (definizione che riesce sempre a farmi sorridere) i primi a
interrogarci sul senso di quello che facciamo. Dobbiamo chiederci quali
strumenti abbiamo a disposizione, e se questi strumenti sono sufficienti, se
sono davvero efficaci.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Non si vince una guerra rinchiudendosi
nel proprio bunker. In questo modo si lascia solo che l'attacco del nemico
arrechi il minor danno possibile a noi. <o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Non si vince la guerra innalzando
barriere. Separando i campi. Segnando nuovi confini. Siano essi quelli
dell'Accademia - che elabora progetti e riflessioni interessanti senza avere (o
senza cercare con forza) i modi per veicolarle - oppure quelli dei singoli
campi d'azione (Letteratura VS Cinema VS Televisione).<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">Una Rivoluzione è una voragine che si
apre all'interno di un sistema costituito. E questa voragine si può aprire solo
a partire da una convergenza di forze. Pena la morte, la morte di tutti noi. La
morte del senso di quello che facciamo.<o:p></o:p></span></div>
</div>
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<!--EndFragment--><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman";">E a scriverti - sia ben chiaro - è un
moribondo, che si sta chiedendo se ha la forza e la voglia di provare a
combattere questa guerra.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-57397446953838858332013-08-02T11:08:00.001+02:002013-08-02T19:46:51.383+02:00Dal cinema alla letteratura... e ritorno. Intervista a Silvia Casini e La Ragazza con gli Occhi Verdi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-1h0F_HuyRxY/UftuE1z7miI/AAAAAAAAAv4/WlDuhPra6x0/s1600/Silvia_Lara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="145" src="http://4.bp.blogspot.com/-1h0F_HuyRxY/UftuE1z7miI/AAAAAAAAAv4/WlDuhPra6x0/s320/Silvia_Lara.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 150%;">Per la prima volta Cineclash non si occupa
(direttamente) di cinema, ma di letteratura. E lo fa per due motivi ben
precisi: perché <b>Silvia Casini</b>, autrice insieme alla blogger <b>La Ragazza con gli
Occhi Verdi </b>(Lara) della raccolta di racconti </span><i style="line-height: 150%;"><b>Magia e altri amori</b></i><span style="line-height: 150%;">, è un’appassionata lettrice di Cineclash, e
soprattutto perché il suo percorso professionale ha intrecciato a più riprese
il cinema, e l’ha portata a incastonare tra le pagine del libro alcune schegge di un immaginario cinematografico che le appartiene. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 150%;">Avendo avuto l’occasione di conoscere le autrici, ho
pensato di rivolgere loro qualche domanda.</span></span></div>
<a name='more'></a><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<b style="line-height: 150%;"><span style="font-family: inherit;">Innanzitutto vi chiederei di raccontarci chi è Silvia Casini, e chi è – soprattutto – la misteriosa Ragazza con gli Occhi
Verdi.</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Silvia</b>:
Inizio con alcuni dettagli tecnici, giusto per farmi inquadrare… Dopo aver lavorato
in alcune aziende di formazione multimediale, ho svolto il ruolo di project
manager presso l’Istituto Internazionale per il Cinema e l’Audiovisivo dei
Paesi Latini, dove mi sono occupata della promozione dei film italiani
all’estero. In seguito, per Strategie di Comunicazione s.r.l., mi sono occupata
di marketing strategico e di product placement nel settore cinematografico, e
ho collaborato con diverse case di produzione e di distribuzione
cinematografica. Attualmente, sono caporedattore della rivista di cinema e
attualità <a href="http://starssystem.it/">StarsSystem.tv</a>, e collaboro con
Youmovies.it, DirettaNews.it e CheDonna.it. Detto questo, nella sostanza sono
un’appassionata di cinema, una divoratrice di libri e come ben sai una fan di
Cineclash!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b>:
Io chi sono? Sono una lit-blogger e lo sono per destino. E ora ti scatterà la
domanda: “Cioè?”. Te la faccio semplice… In pratica, dopo un amore “andato a
male” (sì, sì, scaduto come lo yogurt!), ho deciso di cambiare vita: amicizie,
lavoro, città, ecc. All’epoca dei fatti, tenevo un blog personale (abbastanza
seguito devo dire… e ancora non mi spiego perché! <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mah…</i>) e decisi di chiudere in tronco anche quello. E dopo questa
ennesima mossa azzardata, il fato mi è venuto incontro. Un editore, nello
specifico Alessandro Nava, mi ha contattato e mi ha chiesto per quale motivo
avevo smesso di scrivere, e ti confesso che durante il colloquio non sono stata
molto lucida, ma - nonostante la figura da sciroccata - ha deciso di affidarmi una
rubrica sul suo giornale e poco dopo ho riaperto un altro blog: “<a href="http://magia-e-altri-amori.over-blog.com/">Magia e altri amori</a>”. In
redazione, ho conosciuto la caporedattrice, Silvia per l’appunto, e un giorno
si è messa di santa pazienza a raccogliere tutti i post che avevo lasciato in
giro con frasi più o meno sconnesse. Le ha trascritte, editate e le ha inviate
a una casa editrice a mia insaputa. È così che è nato il libro… Ed è così che
altri siti mi hanno chiesto di collaborare, come NewsPlaza.it ad esempio. Quindi
da blogger a blogger, te lo spiffero sottovoce… Sono una “tritaparole”, una
creatura che parla con gli occhi e che va in giro su navi fantasma. Ah sì,
un’altra cosa: ho mille cuori che mi battono in petto. Sei ancora sicuro di
volermi intervistare? <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: inherit;">Assolutamente sì, e per iniziare
questo piccolo viaggio alla scoperta del vostro libro vi chiederei di partire dal
sottotitolo “Pensieri e micro-racconti strampalati alla fermata del treno”, che
riecheggia evidentemente il titolo di un noto film di Jon Avnet. Com’è nata
questa idea, e qual è il nesso – se ne esiste uno – con il film?<i><o:p></o:p></i></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Silvi</b>a:
Allora… Per un periodo (ampio oserei dire), Lara ed io ci siamo spostate in
treno, per motivi professionali. Ed è lì che abbiamo scritto (tanto!),
trascritto, riscritto, corretto, ecc. Se esiste un nesso con il film <i>Pomodori
verdi fritti alla fermata del treno</i> è per assonanza, ma anche per il tema trattato,
ovvero l’amicizia e l’amore come cura contro le insidie del vivere moderno.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b>:
Beh, sì… e se proprio devo dirla tutta, il libro parla di amori impossibili, di
bashert, di incastri del destino, e potrebbe essere letto con una colonna sonora
di sottofondo, magari la stessa del film. La trovo perfetta! Il brano <i style="mso-bidi-font-style: normal;">What becomes of the brokenhearted</i> di
Jimmy Ruffin, a mio avviso, potrebbe amplificare il contesto e dare ai
sentimenti espressi da ciascun personaggio la giusta misura, il giusto respiro.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<b style="font-family: inherit; line-height: 150%;"><br /></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Le1bwGSAdMI/Uftrz0B2kFI/AAAAAAAAAvo/qbDmePyxC2s/s1600/Copertina_Magia_e_altri_amori-700x489.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="223" src="http://4.bp.blogspot.com/-Le1bwGSAdMI/Uftrz0B2kFI/AAAAAAAAAvo/qbDmePyxC2s/s320/Copertina_Magia_e_altri_amori-700x489.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
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<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: inherit;">L’immagine di copertina è molto suggestiva. Ci
pone di fronte al furto di un elemento che appartiene all’immaginario infantile
di molti: la zucca/carrozza di Cenerentola. Come siete arrivate a questa scelta
grafica, che però ha già forse una funzione comunicativa rispetto a quello che
è il contenuto del libro?</span><span style="font-family: Garamond;"><o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<b style="font-family: inherit; line-height: 150%;">Silvia</b><span style="font-family: inherit; line-height: 150%;">:
La casa editrice mi ha dato la possibilità di presentare diverse cover, ma devo
dirti la verità… un giorno, Lara ed io, mentre eravamo incollate davanti al pc
per cercare quella perfetta, ci siamo imbattute nell’immagine che hai
descritto. Così, siamo risalite al fotografo che l’aveva scattata. Si tratta di
Joel Robinson, un fotografo-grafico canadese. Lo abbiamo contattato, e dopo
aver acquisito i diritti dell’immagine l’abbiamo presentata a Edda Edizioni,
che ne è rimasta subito colpita. PauseCreative.net, poi, ha sviluppato il
progetto grafico e devo dire che siamo molto soddisfatte. La foto s’intitola
“Almost Midnight”, ovvero “Quasi Mezzanotte”, esattamente quello che accade a
uno dei nostri personaggi, la Strega… Non riesce a realizzare il suo sogno
d’amore. È una Cenerentola al contrario. Qualcuno, il caso o il destino,
chissà… le sfila via la possibilità di essere veramente felice. Le portano via
la sua personale zucca un minuto prima dello scoccare della mezzanotte.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b>:
È per questo che è condannata a restare con lettere mai ricevute e mai spedite.
Ti è mai capitato? A me sì, e non è una bella sensazione. Ti restano incastrate
tra i canini un mucchio di parole. Tocca al resto del corpo assimilarle, ma le
dita hanno il compito più arduo: devono trasformarle in voli, in soffi, in
sospiri. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Il vostro stile sembra essere,
peraltro, assolutamente immaginifico. Ancor prima che portare avanti una
narrazione, i vostri micro-racconti sembrano voler immergere il lettore in un
universo di suoni e di immagini che provengono tanto dall’esterno quanto
dall’interno dei personaggi…</b><b style="font-style: italic;"><o:p></o:p></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Silvia</b>:
Sì, è così. La musica, il cinema, l’arte, sono le nostre fonti d’ispirazione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b>:
Ogni singola parola appartiene a un episodio accaduto realmente. Tutti i
personaggi descritti fanno parte della nostra vita: la Strega, il Profeta, il
bambino magico, la ragazza perdibottoni, il bandito, la sirena senza tasto,
ecc. Noi siamo loro e loro sono noi. Ti sembrerà scontato, ma non lo è. Quando
ti ritrovi faccia a faccia con uno di loro, è come guardarti allo specchio, è
come scavarti fin dentro le ossa. Significa percepire i tuoi mondi, digerirli.
Vuol dire regalare al mondo tante minuscole parti di te. Significa scrivere della
tua vita, per la tua vita. È un’arma a doppio taglio: una volta esposta,
chiunque potrebbe ferirti con una parola. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-6F6C_PecNtg/Uft0Y0YmAiI/AAAAAAAAAwI/lElHWRG8fGU/s1600/insieme.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="226" src="http://1.bp.blogspot.com/-6F6C_PecNtg/Uft0Y0YmAiI/AAAAAAAAAwI/lElHWRG8fGU/s320/insieme.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b>So che c’è stata una proposta da
parte di un regista per realizzare un cortometraggio a partire da uno dei
vostri micro-racconti. Potete dirci qualcosa al riguardo? È già una
trasposizione in corso d’opera o un progetto ancora da definire nei dettagli? E
come immaginate visivamente i vostri racconti?</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Silvia</b>:
Un mio amico regista ha letto uno dei micro-racconti che sono nel libro e
vorrebbe girare un cortometraggio, ma non c’è nulla di definitivo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b>:
Mi farebbe piacere se venisse tratto un corto da uno dei micro-racconti
descritti nel libro, ma per il momento non c’è nessuna proposta concreta,
quindi preferisco non esprimermi in merito.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">In conclusione vi chiederei di dirci
qualcosa sul percorso distributivo intrapreso dal vostro libro. È già in
libreria? E sono previste delle forme di fruizione on-line?</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Silvia</b>:
Per il momento, il libro può essere acquistato senza spese di spedizione inviando
una mail alla casa editrice (<a href="mailto:eddaedizioni@tiscali.it">eddaedizioni@tiscali.it</a>),
oppure nelle librerie on-line.</span><br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lara</b><span style="font-family: inherit;">:
Da settembre sarà distribuito fisicamente anche in alcune librerie. Verrà fatta
anche una presentazione ufficiale, ma ancora non sappiamo nulla sull’evento.
Prima o poi lo scopriremo…</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="http://magia-e-altri-amori.over-blog.com/">VAI AL BLOG "MAGIA E ALTRI AMORI"</a></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<a href="http://starssystem.it/category/cinema/">VAI ALLA SEZIONE CINEMA DEL SITO "STARSSYSTEM.IT"</a></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-52869589614894409092013-07-18T18:35:00.000+02:002013-07-26T10:48:19.550+02:00"The Rolling Stones. Crossfire Hurricane", di Brett Morgen<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-ZdfCJ1t4jho/Ueebkq_rFuI/AAAAAAAAAuo/nXz_tUCJMZ0/s1600/Rolling_Stones_jpg_630x500_q85.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="http://1.bp.blogspot.com/-ZdfCJ1t4jho/Ueebkq_rFuI/AAAAAAAAAuo/nXz_tUCJMZ0/s320/Rolling_Stones_jpg_630x500_q85.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Potente, pirotecnico, penetrante. Laddove chiunque avrebbe realizzato un bel ritratto, <b>Brett Morgen </b>sceglie di incidere uno squarcio nella tela. Laddove molti si sarebbero adagiati nel tratteggiare scolasticamente i contorni di un'immagine scolpita nel mito - consapevoli che un certosino lavoro "di maniera" sarebbe risultato sufficiente a emozionare e incantare i fan dei <b>Rolling Stones </b>- Morgen sceglie di rischiare, imponendo un suo stile, e non tradendo mai per l'intera durata del film la sua personale idea di "racconto". </span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">E se si pensa che questo ducumentario è interamente realizzato con delle immagini d'archivio - e senza l'intervento di una voce-over di commento - il tutto risulta ancor più sorprendente, e sposta il fuoco della nostra attenzione verso uno straordinario lavoro di selezione e di montaggio attraverso cui si palesa una chiara idea di <i>regia,</i> che si attualizza (frammentariamente) nelle singole sequenze selezionate e (organicamente) nel corpo dell'intero film.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
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<!--StartFragment--><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">È affascinante pensare che <i>Crossfire Hurricane </i>fonda il suo impianto su delle immagini mancanti. E mi riferisco, ovviamente, alle immagini dell'intervista agli Stones che Morgen ha realizzato, e per la quale - come ci viene detto all'inizio del film, in quello che è forse l'unico momento "esplicativo" rintracciabile in questo documentario - le telecamere non furono ammesse. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ci resta dunque soltanto l'audio. Ci </span><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">restano le voci dei quattro Stones (più quella dell'ex Mick Taylor) che intervengono di tanto in tanto sulle immagini selezionate dal regista. </span><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Anche in questo caso, però, il tutto sembra realizzarsi senza alcuna pretesa didascalica. </span><br />
<span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Ciò che Morgen estrapola da quell'intervista non sono dei "racconti" che, supportati dalle immagini, possano narrativizzare la parabola dello storico gruppo britannico. Non è questo l'intento. </span><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Le voci dei protagonisti sono - al pari delle immagini - dei frammenti di memoria da conservare ed esporre in quanto tali, senza una volontà unificante che ne alteri lo statuto trasformandoli in semplice materiale discorsivo-narrativo. Sono lame, commenti sintetici, taglienti. Delle schegge che si piantano nelle immagini e ne rivelano un ulteriore grado di profondità. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-jyX7B_lfttA/Ueey3gROKKI/AAAAAAAAAvQ/9l1M8uX82S4/s1600/rolling+stones-crossfire-hurricane3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="194" src="http://1.bp.blogspot.com/-jyX7B_lfttA/Ueey3gROKKI/AAAAAAAAAvQ/9l1M8uX82S4/s320/rolling+stones-crossfire-hurricane3.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Emerge anche il racconto, è ovvio, ma non nella forma di una struttura che pretende di organizzare e di informare l'andamento del film. Il valore testimoniale di ciascun frammento è lasciato esplodere all'interno di una struttura che non vuole canalizzarne la forza, ma - al contrario - esaltarne la capacità di legarsi potenzialmente a frammenti diversi, distanti, ma che insieme restituiscono un'atmosfera, una particolare sfumatura emotiva, o lo spirito di un tempo entro il quale i Rolling Stones sono pienamente inscritti (o che si riplasma continuamente nelle loro performance).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Ed è seguendo questa logica che anche i </span><i style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">fatti</i><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;"> vengono alla luce. L'abuso di droghe che ha segnato - in particolare - la vita di </span><b style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Keith Richards</b><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">; il carcere; la morte di </span><b style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Brian Jones</b><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">; il concerto di San Francisco terminato in tragedia. </span><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;">Tutto questo è presente nel film, ed è - a suo modo - raccontato.</span><span style="font-family: Times, 'Times New Roman', serif;"> </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Come è presente, pur senza essere palesato, il passaggio dagli anni Sessanta agli anni Settanta, e poi l'approdo alle soglie degli Ottanta. L'evoluzione temporale è connaturata al procedere del film, senza che vi sia alcuna necessità di rimarcarla: cambiano le atmosfere, cambiano i contesti, si modifica l'aspetto fisico dei protagonisti, e cambiano anche - com'è ovvio che sia - le immagini stesse. Cambiano i colori, cambia la grana, e si modifica - dunque - l'intero assetto visivo del film.</span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-0fXNLqINxFI/UeezOF8d9vI/AAAAAAAAAvY/B03DbLkGnn8/s1600/rolling+stones.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="178" src="http://1.bp.blogspot.com/-0fXNLqINxFI/UeezOF8d9vI/AAAAAAAAAvY/B03DbLkGnn8/s320/rolling+stones.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Se una scansione interna al racconto è presente, questa è data solo dalla staffetta tra Brian Jones, <b>Mick Taylor</b> e <b>Ronnie Wood</b>, la quale ci consente di individuare tre capitoli all'interno del film, i quali segnano forse altrettanti "cambi d'immagine" della band.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Per il resto, la logica seguita da Morgen si mantiene coerente dall'inizio alla fine: p</span>rima ancora di voler raccontare qualcosa, prima di voler
contestualizzare un evento, prima di voler narrare dei fatti, ciascun frammento
vuole immergerci in un'atmosfera, puntare all’immediatezza, anche a
rischio di decontestualizzare e di “de-linearizzare” la narrazione.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L'intero film sembra avere - a ben pensarci - l'andamento della musica degli Stones: sembra ereditare quello spirito trasgressivo che si palesa in una continua reinvenzione ritmica; quel "seguire la chitarra" anziché la batteria, che fa sembrare quest'ultima sempre in lieve ritardo rispetto alle aspettative, come è spiegato nel film dalla voce di <b>Mick Jagger.</b><br />
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questa tendenza verso l'infrazione della norma è assolutamente presente anche nelle scelte di Morgen, il quale preferisce alla “chiarezza espositiva” della buona immagine lo strattone emotivo del frammento sporco, e all’equilibrio compositivo
della bella inquadratura l’immagine mossa, sfocata, decentrata.<br />
Ciò che se ne trae in fase di montaggio però non è uno stato di autocompiaciuta confusione, ma piuttosto una sorta di <b>disordine razionale </b>che regge l'intero film<b>, </b>e<b> </b>attraverso il quale il regista non nega (allo
spettatore) la possibilità della comprensione, pur negando (a se stesso) la
necessità della spiegazione.<br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/ImhJTFUxyPY?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<b>GUARDA UNA CLIP DEL FILM</b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/ykDThnfdePk?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-62582479378941953412013-05-10T18:23:00.000+02:002013-07-30T09:45:46.335+02:00Look Forward in Anger. Intervista a Michele Diomà <div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-pCTc91C5NXw/UYjw5EZ_jsI/AAAAAAAAAtA/xvS93_LjxxM/s1600/foto+Michele+Dioma%25CC%2580.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="238" src="http://1.bp.blogspot.com/-pCTc91C5NXw/UYjw5EZ_jsI/AAAAAAAAAtA/xvS93_LjxxM/s320/foto+Michele+Dioma%25CC%2580.bmp" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Un "giovane arrabbiato" del cinema italiano, ecco come definirei <b>Michele Diomà</b>. Un regista che ha scelto la via del cinema indipendente per realizzare la sua opera prima: <i><b>L'ultimo sogno di Howard Costello</b></i>. Un film assolutamente fuori dagli schemi<i style="font-weight: bold;"> </i>che presto sarà possibile vedere anche in Italia, dopo l'apprezzamento ricevuto oltralpe.</div>
<div style="text-align: justify;">
Incuriosito dalla visione del trailer, e desideroso di comprendere i motivi che sono alla base di alcune scelte che hanno portato Diomà a dialogare con un cinema così lontano nel tempo - e ormai quasi del tutto estraneo al nostro orizzonte culturale/cinematografico - ho deciso di intervistarlo, discutendo con lui del suo film e dell'attuale sistema produttivo/distributivo del cinema italiano, cercando di comprendere quali possano essere gli elementi da mettere in gioco per la ricerca di nuove modalità espressive di cui il nostro cinema sembra avere un assoluto bisogno.</div>
<a name='more'></a><b><br /></b>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>La prima domanda viene abbastanza spontanea: chi è Michele Diomà?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Michele Diomà è un guerrigliero ribelle del cinema italiano.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>E chi è Howard Costello?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Il mio primo film è il primo atto rivoluzionario contro il cinema di regime che ci viene propinato come cinema d'autore. E Howard Costello è l'eroe di questa battaglia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Guardando il trailer del film, viene abbastanza spontanea un'associazione con il cinema muto, come se tu cercassi di riportare in vita alcuni elementi che appartenevano alla retorica filmica di quel periodo e che sono poi andati perdendosi man mano che ci si è avvicinati all'avvento del sonoro.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Come ti sei relazionato a questo periodo della storia del cinema e, soprattutto, per quale motivo hai voluto che il tuo film instaurasse questo dialogo a distanza? Si tratta di una scelta "nostalgica" o di qualcos'altro?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Non è stata una scelta nostalgica, ma una necessità sul piano creativo. Guardando il cinema dell'epoca del muto, ho sempre pensato che richiedesse un maggior grado di attenzione da parte dello spettatore per essere seguito. E <i>L'ultimo sogno di Howard Costello</i> necessita di questo. E' un film che parla di reincarnazione e che può emozionare davvero soltanto se lo si legge come un libro.</div>
<div style="text-align: justify;">
C'è poi un aspetto estetico. Per me il cinema muto è il cinema. Se pensi ad <i><b>Amarcord</b></i> e lo osservi bene, ti rendi conto che i momenti più emozionanti sono di fatto delle brevi scene da film muto: musica e fotografia di potente bellezza.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<!--EndFragment--><span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><b>È</b></span><b> curioso che proprio tu, che hai scelto la via del muto proprio per reclamare - in un certo senso - la forza dell'immagine, ti sia espresso dicendo "è un film che può emozionare soltanto se lo si legge come un libro". A cosa ti riferisci esattamente nell'affermare questo?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Penso alle didascalie tra le varie scene. Con la differenza che nel libro il resto del lavoro lo fa la tua fantasia, mentre in questo film sono io a fornire le immagini.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>A quale cinema di quel periodo hai guardato? Al cinema che potremmo dire più "commerciale" o a quello delle avanguardie storiche?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
In realtà, io non identifico il cinema muto con un particolare periodo storico, ma piuttosto con un linguaggio che è presente anche in alcuni film sonori. Se pensi alla scena finale de <i><b>I quattrocento colpi</b></i>, alla corsa liberatoria, alla fuga del bambino verso il mare e all'inquadratura finale sul suo sguardo, quello per me è grande cinema muto! </div>
<div style="text-align: justify;">
Nello specifico della tua domanda posso dirti che il film che considero un miracolo di poesia dell'epoca del muto è <i><b>Luci della città</b> </i>di <b>Charlie Chaplin</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Tornando al tuo film... Io ho guardato il trailer e ho notato che c'è una presenza piuttosto insistita del cielo - e soprattutto delle nuvole, del loro <i>movimento</i> - così come quella dei gabbiani che lo attraversano e i cui movimenti sembrano talvolta replicati dal protagonista. Che ruolo ha il cielo nel tuo film? Ti interessa principalmente come elemento figurativo e come spazio di attraversamento, o la sua funzione è importante anche sul piano della narrazione?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Considero il cielo un'opera d'arte di sconfinata meraviglia che abbiamo tutti a disposizione gratuitamente. Le nuvole, i colori, gli uccellini, i pipistrelli e la neve li trovo di una poesia potentissima. Se guardassimo il cielo più spesso, credo, saremmo tutti molto più pacifici. Per questo motivo ho voluto rubare un po' di cielo e metterlo nel mio film. Inoltre, le nuvole e i gabbiani hanno anche un preciso significato narrativo all'interno del viaggio onirico di Howard Costello.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-xvbL5D6nSk8/UYjw5FMgj0I/AAAAAAAAAs8/jf9R0fNBINY/s1600/quadro+15.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="238" src="http://1.bp.blogspot.com/-xvbL5D6nSk8/UYjw5FMgj0I/AAAAAAAAAs8/jf9R0fNBINY/s320/quadro+15.bmp" width="320" /></a></div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Il tuo film è stato in competizione all'ultimo Festival del Cinema Italiano di Nizza. Puoi raccontarci qualcosa di questa esperienza?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Il Festival del Cinema Italiano di Nizza è una realtà che esiste da molti anni. Un festival al quale hanno preso parte Marcello Mastroianni, Francesco Rosi, Ermanno Olmi e, nell'ultima edizione, autori come Giorgio Diritti e Ascanio Celestini. Per me essere selezionato con il mio primo piccolo film all'interno di questa rassegna, in cui entrano soltanto otto titoli ogni anno, è stata un'enrome soddisfazione. Ma è stato anche motivo di rabbia, perché ancora una volta un gruppo di lavoro composto da soli italiani è dovuto andare all'estero per raccogliere i primi frutti della propria fatica.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Recentemente hai scelto di realizzare un videomessaggio (che ho inserito a margine di questo articolo) nel quale hai utilizzato parole molto dure nei confronti del sistema produttivo italiano. Come credi che si possa uscire da questa situazione di "chiusura" che tu denunci? E quali credi che siano le figure professionali che possono impegnarsi ai fini di un reale cambiamento?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
A quel videomessaggio ha risposto un noto regista italiano, del quale non farò il nome, sostenendo che l'ABC del cinema consiste nel coinvolgere le distribuzioni ancor prima di iniziare a realizzare il film, perché è così che funziona il sistema vigente.<br />
Vorrei dire che se questo è il sistema, deve essere demolito con urgenza! I veri responsabili di questa situazione sono proprio quei registi che hanno scelto di sottomettersi agli interessi dei distributori. Oggi gran parte dei registi sono sostanzialmente degli impiegati dei produttori che, a loro volta, per prendere i finanziamenti fanno i valletti dei politicanti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Chi deve provvedere alla demolizione? In primis i registi con la propria schiena dritta. Poi gli imprenditori di settore, accettando di mettersi in gioco con nuove forme di distribuzione. Infine ritengo fondamentale anche il ruolo dei critici, i quali talvolta - prima di esprimere giudizi estetici - dovrebbero dire quanto è costato un film alle casse pubbliche, chi ha accettato di finanziarlo e perché. Invece oggi questo aspetto non viene mai preso in considerazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
Inoltre si scopre spesso che i soggetti che producono un film, quelli che lo girano e persino quelli che lo criticano vengono di fatto pagati dalla stessa fonte. E questo non va bene.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Credi che i problemi più gravi siano riscontrabili nel sistema produttivo o in quello distributivo?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<!--EndFragment--><span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">È</span> come se mi avessi chiesto: ti è più simpatica la ghigliottina o la sedia elettrica? Sicuramente la responsabilità principale di questo sfascio muove dalle produzioni che non hanno voluto fare guerra alle distribuzioni per imporsi. Ma io sono sereno. Questo sistema si è condannato all'eutanasia. Lasciamo che vadano in pace. Oggi, grazie al web, possiamo farne a meno.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>A proposito, puoi dirci qualcosa sul percorso distributivo del tuo film?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Verrà proiettato anche nelle sale, oltre che in spazi alternativi come caffè letterari, gallerie d'arte, etc. Curerò direttamente io la distribuzione, accompagnando il mio film in giro per il mondo. Poi sarà possibile vederlo in più lingue in rete, ma questo in un secondo momento.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Chiuderei con una domanda alla quale, me ne rendo conto, non è semplice rispondere in maniera netta. Cos'è per te oggi l'<i>autorialità </i>al cinema? Attraverso quali modalità - estetiche, stilistiche - emerge oggi nel panorama italiano? E qual'è - se c'è ancora - la funzione o persino la ragion d'essere del cinema d'autore?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Il cinema d'autore non esiste. Esistono autori che fanno film liberi e autori che fanno film per accontentare i consigli d'amministrazione, le banche, i mazzettari, i mazzettati, le amanti, etc. </div>
<div style="text-align: justify;">
Io sono un regista libero! Il cinema è la prosecuzione della mia dimensione onirica. Il cinema è per me il marchingegno attraverso cui mostrare al mondo ciò che succede nella mia anima.<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<b>GUARDA IL VIDEOMESSAGGIO DI MICHELE DIOMÀ</b></div>
<b><br /></b>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/TFG3YPVdQX4?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<b><br /></b><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/1ggq5jCAoeU?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<o:p></o:p></div>
<!--EndFragment--></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br /></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-38117720486884536632013-05-04T15:30:00.001+02:002013-05-04T15:43:24.178+02:00IN SALA - "Il cecchino", di Michele Placido<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-35E-CVZEnTk/UYULvXPTQCI/AAAAAAAAAsQ/kP80Y4397CY/s1600/il_cecchino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="178" src="http://3.bp.blogspot.com/-35E-CVZEnTk/UYULvXPTQCI/AAAAAAAAAsQ/kP80Y4397CY/s320/il_cecchino.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>In occasione dell'uscita nelle sale italiane del film </i><b>Il cecchino</b><i>, diretto da <b>Michele Placido</b>, ripropongo la recensione scritta durante il <b>Festival Internazionale del Film di Roma</b>, dove l'ultima opera del regista pugliese fu presentata in anteprima fuori concorso.</i></div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ed è così che con <i><b>Le Guetteur </b></i>(Il cecchino) <b>Michele Placido</b> si conferma regista incapace di incidere. Incapace nei suoi film di realizzare una sola sequenza che lasci traccia di sè nello spettatore, accontentandosi - tutt'al più - di confermare una innegabile abilità (non comune tra i registi di casa nostra, questo va detto) nella gestione di alcune scene d'azione impeccabili dal punto di vista del ritmo e della tensione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Michele Placido ha affermato: "<i>Le guetteur</i> è il mio <i>Romanzo criminale </i>francese". Per sua fortuna forse si è sbagliato. Nel senso che, se un altro pregio va attribuito a questa sua ultima fatica, questo è proprio l'assenza di quella patina edulcorante che il regista aveva interposto tra il suo sguardo autoriale e le figure criminali che negli ultimi anni ha portato sullo schermo, Vallanzasca compreso. E non ne faccio una questione "etica", sia chiaro, non mi interessa. Ne faccio una questione di "efficacia narrativa". I criminali messi in scena in questo film riescono a tenere lo spettatore in uno stato di maggior spaesamento, rivelando una complessità maggiore e facendo leva su una cupezza di cui non c'era traccia nell'allegra combriccola della banda della Magliana (esagero, e ne sono consapevole, ma è solo per rendere l'idea).</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
Il film, ambientato a Parigi, si apre con il mancato arresto da parte del capitano Mattei (<b>Daniele Auteil</b>) di una famigerata banda di rapinatori di banche. Il piano architettato dall'esperto poliziotto sembra perfetto, ma proprio quando i criminali sembrano essere presi in trappola, ecco che un cecchino appostato nei pressi della banca (il capo della banda, Kaminski, interpretato da <b>Matthieu Kassovitz</b>) inizia a sparare sui poliziotti, favorendo così la fuga dei malviventi.<br />
Da quel momento in poi, la serrata caccia all'uomo messa in piedi da Mattei si intreccia con una serie di violenze e omicidi tra i membri della banda che coinvolgono, oltre Kaminski, anche l'italiano Nico (<b>Luca Argentero</b>) e uno spietato medico, Franck, interpretato da <b>Olivier Gourmet</b>.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-36-fK2mf59Q/UYUNDLNVOfI/AAAAAAAAAsk/vQuh_sJ0ZG4/s1600/Il+Cecchino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="168" src="http://3.bp.blogspot.com/-36-fK2mf59Q/UYUNDLNVOfI/AAAAAAAAAsk/vQuh_sJ0ZG4/s320/Il+Cecchino.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Anche ad un semplice resoconto, è evidente quanto la trama di questo film risulti avvincente. E così è, effettivamente. Placido recupera le atmosfere e gli schemi narrativi del polar (entrambe gli sceneggiatori, Cédric Melon e Denis Brusseaux sono francesi) e si avvale dell'interpretazione di un cast artistico di assoluto rispetto.<br />
Come dire, il film non presenta dei problemi particolari, ben identificabili e, dunque, analizzabili. Il suo unico problema è quello di essere un film "oleoso", unico aggettivo che mi viene in mente per restituire l'idea di un'opera che scivola via con troppa facilità - e con troppa leggerezza - senza consentire allo spettatore di afferrarla in nessun punto.<br />
Tale oleosità è conseguenza di una regia che sembra essere troppo concentrata sul ritmo, troppo impegnata a "far scorrere" e - proprio per questo - incapace di fissare.<br />
Una sequenza risulta emblematica a tal proposito: verso la fine del film un altro cecchino inizia a sparare su alcune auto della polizia, provocando delle vittime. Un proiettile sfiora un bambino che si trova in strada e colpisce in pieno un poliziotto, uccidendolo. Anche in questo caso, Placido non riesce a lasciare il segno negli occhi di quel bambino; non riesce a restituire il dramma della morte che lo invade, così giovane, in quel preciso istante. Si ha la sensazione, solo per un momento, che possa finalmente verificarsi un arresto, una sospensione, ma immediatamente il regista sente la necessità di riprendere l'azione, e ricorre al cliché del poliziotto che si getta a protezione del bambino per evitare che venga colpito.<br />
<br />
Che sia chiaro, non stiamo commentando un brutto film, ma un film semplicemente superficiale, che non sfrutta appieno le sue potenzialità e che risente, anche sul piano della narrazione, di alcune accelerazioni che restituiscono più l'impressione di una semplificazione che non quella di una buona sintesi (la fuga di Kaminski dal carcere, o la facilità con cui la ragazza ritrovata nel covo di Franck viene messa in relazione ad Anna, la moglie di Nico interpretata da <b>Violante Placido</b>, prima ancora che il cadavere dell'uomo venga ritrovato nel bosco, solo per fare due esempi).<br />
<br />
Imperdonabile, invece, la forzatura evidentissima di gettare nella mischia anche l'Afghanistan, tirando in ballo dal nulla - verso la fine del film - la morte del figlio del capitano Mattei, avvenuta per mano dello stesso Kamiski durante la guerra nel paese mediorientale. Un modo improprio di legare tra di loro a doppio filo le sorti del protagonista e quelle dell'antagonista, ripescando da un passato che fino a quel momento non era stato messo in gioco. Troppo facile, troppo evidente e non sufficiente a salvare le sorti del film.</div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-69479717104723202512013-05-03T10:48:00.000+02:002013-05-03T10:58:03.690+02:00EXPANDED VISIONS - "Rose is a rose is a rose is a rose - Omaggio a Gertrude Stein", di Hans-Hermann Koopmann<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-YBZ4WNpiLv4/UXqEH0P56VI/AAAAAAAAAoQ/4fhkeCTzXLo/s1600/rose+is+a+rose+is+a+rose+is+a+rose.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-YBZ4WNpiLv4/UXqEH0P56VI/AAAAAAAAAoQ/4fhkeCTzXLo/s320/rose+is+a+rose+is+a+rose+is+a+rose.jpg" width="215" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Non solo film su Cineclash. Era stata la solenne promessa da me fatta nel <a href="http://cine-clash.blogspot.it/2012/11/che-cose-cineclash.html">primo post</a> pubblicato su questo blog. E tuttavia, finora, tale promessa non era stata onorata. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
L'occasione ha tardato a presentarsi, ma finalmente è giunta qualche giorno fa, quando nell'ambito del festival <b>Onde e Vortici </b>- tenutosi presso La Cascina di Capodimonte - ho avuto il piacere di vedere la videoinstallazione <b><i>R</i><i>ose</i></b><i style="font-weight: bold;"> is a rose is a rose is a rose - Omaggio a Gertude Stein</i>, dell'artista tedesco <b>Hans-Hermann Koopmann</b>, il quale sembra rivolgerci attraverso il suo lavoro un invito assolutamente chiaro e inequivocabile: è giunto il momento di espandere le nostre visioni. E Cineclash prova ad accogliere la sfida partendo proprio da qui, da quest'opera così suggestiva e ricca di spunti di riflessione.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<a name='more'></a><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Inizio col dire che mi sembra riduttivo definire quest'opera come una videoinstallazione, dal momento che Koopmann mette in gioco una serie di linguaggi (dal video, alla fotografia, alla letteratura), i quali interagiscono tra loro senza che nessuno prenda il totale sopravvento sugli altri, ma apportando ciascuno il proprio contributo all'intessimento di un discorso complesso che finisce per insinuarsi in questioni profonde e fra loro interconnesse: lo statuto delle immagini, le molteplici relazioni fra immagine e testo, e le modalità attraverso cui si rende possibile la mediazione stessa di un'immagine. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-XTWRmVvYjIY/UYLPtWSODaI/AAAAAAAAArk/QLuNGcZ213M/s1600/rose+is+a+rose.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="177" src="http://3.bp.blogspot.com/-XTWRmVvYjIY/UYLPtWSODaI/AAAAAAAAArk/QLuNGcZ213M/s320/rose+is+a+rose.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Nel video che scorre in loop, infatti, l'immagine si presenta ai nostri occhi rivelando quelle che sono le sue funzioni principali, la sua stratificazione interna potremmo dire. Una funzione plastica innanzitutto, materica, che emerge dal lento sprofondare di quattro rose (<b>rose </b>is a <b>rose </b>is a <b>rose</b><i style="font-weight: bold;"> </i>is a<i> </i><b>rose</b>) all'interno di un recipiente pieno d'acqua: ciascuna rosa è legata a una pietra; ciascuna pietra trascina con sè verso il fondo una rosa, dando vita a un gioco di forze e resistenze che determina una sorta di <i>suspense minima</i>, tutta giocata sull'alternanza di attese e ripetizioni. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Un'immagine, questa, che è colore, forma e movimento, e che sfrutta la potenza di questi tre elementi per assorbire completamente l'attenzione di chi guarda, stimolando nulla più di una totale <i>implicazione </i>all'interno di questa plasticità che non sembra richiedere delle immediate connessioni di senso.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-HbO0-stgC4k/UXufY0iOqNI/AAAAAAAAAqo/q65OLr9pqHk/s1600/DSC_1735_l.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="181" src="http://1.bp.blogspot.com/-HbO0-stgC4k/UXufY0iOqNI/AAAAAAAAAqo/q65OLr9pqHk/s320/DSC_1735_l.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
C'è poi un altro livello dell'immagine, che si palesa al termine di questa prima sequenza appena descritta, e che ha a che fare con la presenza di Gertrude Stein, la quale non è richiamata solo nel gioco di rimandi tra le quattro rose che sprofondano nell'acqua e la citazione tratta dalla poesia <i><b>Sacred Family</b></i> che dà il titolo all'opera di Koopmann.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
L'autore utilizza infatti delle immagini di repertorio che non esibiscono più - come le precedenti - dei valori plastici/estetici, ma una portata storica/culturale che mette in gioco un carico di memoria che è sedimentato in esse, e che rende facilmente valicabile la linea di confine che separa la dimensione pubblica (intellettuale, artistica) da quella privata di questo affascinante personaggio, restituendoci un ritratto di Gertrude Stein che appare come il risultato di un processo di esfoliazione, il quale ci conduce verso un contatto intimo, quasi confidenziale, con questa figura che improvvisamente ci appare vicina e familiare, mentre il suono della sua voce ipnotica che accompagna le immagini sembra dettare i tempi di questo contatto, il quale trova una sua naturale <i>organicità</i> nel ritmo scandito dalla successione delle parole pronunciate. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
La presenza della Stein, da visiva, si fa dunque <i>audiovisiva</i>, e alimenta un gioco di rimandi che potremmo definire circolare. Non solo la sua voce interagisce nel modo illustrato con le immagini che scorrono sullo schermo, ma il discorso pronunciato è esso stesso un discorso sull'immagine - il suo <a href="http://www.poetryfoundation.org/poem/243166">elogio di Matisse</a> - carico di parole evocative e immaginifiche. </div>
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Molto più ovvio, e anche molto più facile e scontato, sarebbe risultato inserire il testo della poesia <i>Sacred Family</i>, conferendo così alla parola il compito di "spiegare" l'immagine, attraverso quel processo che è stato definito da Roland Barthes come <i>ancoraggio</i>. Koopmann sfugge invece a questo pericolo, e con un ben calibrato cortocircuito ci consente di partire dalle immagini per tornare alle immagini, lasciando che il testo - e il suono delle parole che lo compongono - possa interagire con esse senza la pretesa di chiuderle in una rigida griglia di significati.</div>
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-XtyoRRppz-Q/UYLP8zijbBI/AAAAAAAAArs/Fv7-DA-7dwA/s1600/rose+is+a+rose+3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="175" src="http://2.bp.blogspot.com/-XtyoRRppz-Q/UYLP8zijbBI/AAAAAAAAArs/Fv7-DA-7dwA/s320/rose+is+a+rose+3.jpg" width="320" /></a></div>
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C'è poi una parte assolutamente <i>fisica</i> che, insieme a una bacheca sulla quale sono raccolti alcuni <i>frame</i> estrapolati dal video e stampati, va a completare questa installazione. Si tratta del recipiente pieno d'acqua all'interno del quale possiamo vedere le quattro rose legate alle pietre (in tedesco<i> stein</i>... il gioco di rimandi continua e si materializza). </div>
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Gli elementi naturali messi in gioco da Koopmann nel video (i fiori, le pietre e l'acqua) sono dunque presenti anche nella loro consistenza fisica. Sono presenti come l'<i>esito</i> di un <i>processo</i> che è quello mostrato nel video. </div>
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Le rose immerse nell'acqua sono illuminate da un faretto. La luce attraversa l'acqua e va ad impressionare sul bordo semitrasparente del recipiente un'immagine - instabile, effimera, non fissata - della rosa, dando vita a un ulteriore ed estemporaneo gioco di luci, ombre e forme che risulta assolutamente suggestivo.</div>
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-Oh8YXne1qX8/UYLR-fq5gpI/AAAAAAAAAr4/C8bnS2AYZS8/s1600/DSC_1731_m.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-Oh8YXne1qX8/UYLR-fq5gpI/AAAAAAAAAr4/C8bnS2AYZS8/s320/DSC_1731_m.jpg" width="213" /></a></div>
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<i>Rose is a rose is a rose is rose</i> è un'installazione che difficilmente lascia indifferenti, perché è capace di celare dietro la semplicità tecnica che è alla base della sua realizzazione una notevole complessità discorsiva fatta di quei continui rimandi che ho tentato di mettere in luce. Non è un caso, infatti, se quest'opera ha saputo suscitare un vivo apprezzamento da parte del regista iraniano <b>Abbas Kiarostami</b>, il quale - trovandosi in Italia per la presentazione del suo ultimo film <i><a href="http://cine-clash.blogspot.it/2013/04/in-sala-qualcuno-da-amare-di-abbas.html">Qualcuno da amare</a></i><i> - </i>si è appositamente recato a Capodimonte per vedere il lavoro di Hans-Hermann Koopmann. </div>
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-mBfgUrX3NPo/UX0XE3gfHCI/AAAAAAAAArQ/LzgBjX1BnGI/s1600/DSC_1765_m.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" height="213" src="http://1.bp.blogspot.com/-mBfgUrX3NPo/UX0XE3gfHCI/AAAAAAAAArQ/LzgBjX1BnGI/s320/DSC_1765_m.jpg" title="" width="320" /></a></div>
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Un lavoro perfettamente inscritto all'interno di un percorso artistico che continua a mostrare con assoluta chiarezza la propria linea di continuità interna, la quale scorre lungo i binari di un'indagine che - come ha evidenziato Silvia Bordini - è incentrata "sull'idea stessa di realtà naturale, tra organico e inorganico, tra simbolo e metafora, dissodando per così dire gli stereotipi tra arte e natura per proporre [...] un processo sensoriale diverso". Un'indagine, aggiungerei in conclusione, che condensa in sé la doppia anima di Koopmann. La sua formazione di biologo e il suo sguardo d'artista.</div>
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-xMY_63E4rfQ/UYLSPgZF6II/AAAAAAAAAsA/X4FphzdlLqQ/s1600/IMG_2788_m.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://4.bp.blogspot.com/-xMY_63E4rfQ/UYLSPgZF6II/AAAAAAAAAsA/X4FphzdlLqQ/s320/IMG_2788_m.jpg" width="222" /></a></div>
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<b>Hans-Hermann Koopmann e Abbas Kiarostami</b></div>
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(foto realizzata da Elisa Resegotti)</div>
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<a href="http://www.hhkoopmann.com/art/home.html">VISITA IL SITO UFFICIALE DI H.-H. KOOPMANN</a></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-89673620202386981532013-04-24T18:58:00.000+02:002013-07-26T10:57:08.271+02:00IN SALA - "Qualcuno da amare", di Abbas Kiarostami<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-NIF7STh4X4E/UXFyanexDKI/AAAAAAAAAlY/0aidnl_MJIo/s1600/qualcuno+da+amare.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="132" src="http://4.bp.blogspot.com/-NIF7STh4X4E/UXFyanexDKI/AAAAAAAAAlY/0aidnl_MJIo/s320/qualcuno+da+amare.jpg" width="320" /></a></div>
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Forse un canonico tentativo di lettura di questo film lascerebbe delusi. Perché - è inutile negarlo - <i><b>Qualcuno da amare</b> </i>non ha la forza dei grandi film di <b>Abbas Kiarostami</b> (dei capolavori, oserei dire) realizzati nell'arco di quel quindicennio che ha imposto il cinema iraniano all'attenzione della critica internazionale. Sto pensando a film come <i>Dov'è la casa del mio amico </i>(1987), <i>Close-Up </i>(1990), <i>E la vita continua </i>(1992), <i>Il sapore della ciliegia </i>(1997) e <i>Il vento ci porterà via </i>(1999), film - quest'ultimo - che rappresenta una sorta di turning-point all'interno della produzione artistica di Kiarostami.<br />
E allora non ha senso - forse - ragionare ancora tenendo a mente quel modello di cinema, perché <i>Qualcuno da amare</i> ci conferma che a partire dal film immediatamente precedente, <i>Copia conforme</i> (2010), il cineasta iraniano ha tentato di aprire una nuova strada. Ed è forse il caso di provare a pensare a questi due film come a un dittico, nel tentativo di comprendere quali siano gli elementi costitutivi che ci portano a pensarlo come tale, quali siano i nuovi fuochi d'interesse del regista e - perché no - quali siano le permanenze e quali i mutamenti rispetto a quei capolavori già menzionati.</div>
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Come in <i>Copia conforme</i>, anche in <i>Qualcuno da amare </i>lo sviluppo dei fatti muove dall'incontro tra i due protagonisti. In entrambi i casi, tuttavia, è difficile poter parlare di una vera e propria "storia" in senso canonico, perché tali incontri - intesi come inizio di una relazione interpersonale - non si propongono come il motore di un'azione narrativa, ma sono essi stessi il fuoco d'interesse del regista per l'intera durata del film. Questo avveniva anche in alcuni film del passato, è vero, ma si trattava di relazioni di breve durata, che impegnavano i protagonisti per un arco di tempo limitato all'interno del film, come nel caso de <i>Il sapore della ciliegia,</i> oppure in maniera discontinua, a intermittenza, come ne <i>Il vento ci porterà via</i>, se si pensa alla relazione tra Behzad e il piccolo Puya che lo guida nel paesino curdo consentendogli di stabilire dei nuovi <i>legami deboli</i> con altri personaggi.<br />
Negli ultimi due film, invece, i personaggi che si incontrano mantengono una relazione continuativa, che - potremmo dire - nasce e si solidifica in un <i>qui e ora</i> che il film sembra chiudere in un'unità di tempo e di azione. Una relazione che è studiata da Kiarostami al microscopio, in vitro, con occhio scientifico, e con la morbosità di uno sguardo che vuole cogliere al suo interno anche le più impercettibili microvariazioni.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-8gVsvnosjpo/UXaUS2SG-GI/AAAAAAAAAnw/8uZ2R56X07Q/s1600/qualcuno+da+amare2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="http://3.bp.blogspot.com/-8gVsvnosjpo/UXaUS2SG-GI/AAAAAAAAAnw/8uZ2R56X07Q/s320/qualcuno+da+amare2.jpg" width="320" /></a></div>
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Quello che il regista sembra porre al centro del proprio discorso è soprattutto la complessità delle relazioni umane, la quale diventa - in queste sue ultime produzioni - l'elemento che mette in gioco il fattore <i>tempo</i>. Se nel suo primo cinema, infatti, il tempo era posto principalmente (e quasi esclusivamente) in relazione allo sguardo, e diveniva fondamentale per la lenta costruzione di uno <i>spazio di visione</i>, che si dispiegava davanti agli occhi dello spettatore a partire dai movimenti dei personaggi, ora sembrerebbe che tutti questi fattori siano messi in gioco per la costruzione di uno spazio che non è più eminentemente visivo, ma che si connota piuttosto come uno <i>spazio di relazione</i>, all'interno del quale si definisce l'identità dei personaggi (e in questo si può dire che <i>Dieci </i>[2002] sia stato un film precursore).</div>
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Eppure, in questi film, l'identità è divenuta qualcosa di assolutamente etereo. Qualcosa che si plasma davanti ai nostri occhi, ma che non raggiunge mai uno stadio che può dirsi definitivo. C'è come una sorta di reversibilità che rende plastiche le relazioni umane. E laddove in <i>Copia conforme</i> il gioco identitario era posto al centro del film - data anche la centralità cronologica della scena in cui le identità dei due protagonisti vengono stravolte -, in <i>Qualcuno da amare</i> tale discorso torna a più riprese, seppure in una forma meno eclatante, fino al <i>travestimento</i> messo in atto dal signor Takashi che si finge il nonno di Akiko agli occhi del suo fidanzato, per non dover rivelare la vera identità della ragazza.</div>
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Questo continuo sdoppiamento dei personaggi giustifica, sul piano visivo, l'ossessione per le immagini riflesse che trovavamo anche in <i>Copia conforme</i>. E questa ossessione modifica significativamente quella che è la funzione del fuoricampo rispetto ai film realizzati da Kiarostami negli anni novanta.<br />
Se in quel caso, infatti, il fuoricampo era utilizzato per <i>escludere</i> e configurare delle forti negazioni all'interno dell'inquadratura, le quali richiamavano l'attenzione su un continuo processo di inclusione/esclusione che è (sempre e comunque) proprio del cinema, in questo caso esso diventa uno spazio ripetutamente accessibile in forma indiretta, riflessa: qualcosa che in ogni momento può entrare in relazione visiva con ciò che è in campo per alterare la composizione dell'inquadratura mediante l'inclusione di una <i>presenza (fisicamente)</i><i> assente </i>o di una <i>assenza (visivamente) presente</i>.<br />
Lo vediamo al termine della prima scena, quando la vetrata del bar crea delle evidenti sovrapposizioni interno/esterno, effetto questo che viene replicato poco dopo, quando il parabrezza del taxi su cui sta viaggiando Akiko si trasforma improvvisamente in un vero e proprio schermo sul quale scorrono le immagini delle luci e dei palazzi man mano che l'automobile percorre le strade di Tokyo, replicando così un effetto che era già presente in <i>Copia conforme</i> nella scena in cui i due protagonisti si muovono per le strade di Arezzo in automobile. Lo vediamo anche, infine, nel momento in cui Akiko si riflette nel televisore del signor Takashi, e diviene visibile in campo - a fianco all'anziano uomo - nonostante ella sia fisicamente collocata fuoricampo (effetto, anche questo, che era stato sperimentato a più riprese in <i>Copia conforme</i>).<br />
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-8B-xxkw9whk/UXeUdeGeKrI/AAAAAAAAAoA/wIRrkUF73Ys/s1600/qualcuno+da+amare3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="http://4.bp.blogspot.com/-8B-xxkw9whk/UXeUdeGeKrI/AAAAAAAAAoA/wIRrkUF73Ys/s320/qualcuno+da+amare3.jpg" width="320" /></a></div>
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<i>Qualcuno da amare</i> non è certo un film che scivola via. E' un film che ci ancora alle immagini e ce ne fa sentire il peso, costringendoci a sottostare a una dilatazione dei tempi che è sempre voluta, studiata, calibrata, ma - va detto - non sempre <i>necessaria</i> e talvolta quasi autoreferenziale. </div>
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Forse Kiarostami avrebbe potuto mettere il punto prima, evitandosi (ed evitandoci) i venti minuti finali che rappresentano il punto più debole del suo film. </div>
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Forse avrebbe potuto escludere alcune "ricorrenze stilistiche" che immediatamente vengono recepite come una firma autoriale, come un "marchio di fabbrica" del quale il suo cinema non ha più bisogno, dal momento che è molto più complesso ed eterogeneo di come (talvolta) vuole presentarsi e di come (troppo spesso) viene semplicisticamente raccontato. E questo film, pur nella sua imperfezione, ne è l'ennesima dimostrazione.</div>
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<b><a href="http://cine-clash.blogspot.it/2013/04/qualcuno-da-amare-kiarostami-presenta.html">LEGGI L'ARTICOLO SULLA CONFERENZA STAMPA DEL FILM</a></b></div>
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<b>GUARDA IL TRAILER</b></div>
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<b><br /></b><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/DgQTUo3eYEY?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<b>GUARDA UNA CLIP </b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/-g73yo7MgN8?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-34038134019522556932013-04-23T17:07:00.001+02:002013-04-23T17:18:28.436+02:0015° FEFF - "New World", di Park Hoon-jung<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-0ZVlgBz-7RM/UXVvVfkv_OI/AAAAAAAAAnA/Ndftg9Q8rag/s1600/new+world3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="175" src="http://4.bp.blogspot.com/-0ZVlgBz-7RM/UXVvVfkv_OI/AAAAAAAAAnA/Ndftg9Q8rag/s320/new+world3.jpg" width="320" /></a></div>
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Se due giorni fa mi trovavo a commentare <i><a href="http://cine-clash.blogspot.it/2013/04/15-feff-gangster-di-kongkiat-khomsiri.html">The Gangster</a></i>, sottolinenando la capacità del regista tailandese Kongkiat Khomsiri di scavare ogni immagine del suo film fino a far esplodere tutto il potenziale figurativo e culturale in esse celato, pagando il proprio tributo ai modelli di riferimento senza per questo scadere nella sterile reiterazione di codici preesistenti, oggi, riflettendo su <i><b>New</b> <b>World</b> </i>del sud coreano <b>Park Hoon-jung</b>, mi trovo a dover constatare esattamente il contrario.<br />
<a name='more'></a> <i> </i> </div>
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I rispettivi oggetti di interesse dei due film sembrano costituirsi come due perfette metafore di quelli che sono gli atteggiamenti dei due registi: se Khomsiri guardava alle <i>gang</i> emergenti, che nascono e si espandono nei bassifondi di Bangkok, e nel farlo si sporcava in prima persona le mani con la meteria del suo film, Hoon-jung guarda invece ai <i>gangster, </i>quelli "già fatti", quelli penetrati fino al midollo nei grandi sistemi economici e finanziari, e nel farlo applica uno sguardo a distanza, accarezzando senza mai aggredire, contemplando un prodotto preconfezionato anziché scolpire inquadratura dopo inquadratura il proprio film.</div>
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Per troppo tempo <i>New World </i>ci mette di fronte al già visto: la morte di un vecchio boss, le tensioni crescenti tra due famiglie mafiose, fino allo scoppio di una guerra di successione che vede contrapposti l'uno all'altro il boss cinese Yo-jung e il boss coreano Lee Jong-gu. Non manca neppure la figura del poliziotto spietato, il commissario Kang, ossessionato dall'idea di una personale vittoria contro la mafia da ottenere a qualunque costo, anche mettendo a rischio la vita di Ja-sung, infiltrato nella banda di Yo-jung, e prolungando di continuo la sua missione fino al punto in cui la condizione dell'infiltrato diviene irreversibile, e Kang è costretto a distruggere i dati di Yong-ju dal database della polizia, distruggendo di fatto la sua vera identità.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-DdgbrZ9X8lg/UXY_S9lu7lI/AAAAAAAAAnU/GH_bfjUzqFU/s1600/new+world2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="http://3.bp.blogspot.com/-DdgbrZ9X8lg/UXY_S9lu7lI/AAAAAAAAAnU/GH_bfjUzqFU/s320/new+world2.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Arriva un momento in questo film in cui ci accorgiamo che il vero protagonista è Yo-jung, il poliziotto infiltrato. Questo momento, tuttavia, giunge troppo tardi, quando il regista si è ormai affannato per più di un'ora e mezza (sulle due ore e un quarto complessive) a tracciare i contorni del suo ritratto edulcorante, a ripresentare una logica mafiosa dell'apparire che al cinema - ormai nel 2013- ha già giocato tutte le sue carte.<br />
Troppo tardi, dicevamo. Sì, perché quando capiamo che le traiettorie del film convergono verso Yong-ju e verso la sua <i>soluzione finale</i>, non abbiamo più il tempo di accedere al suo dramma personale, non riusciamo a vivere sulla nostra pelle il patimento di chi si trova a dover scegliere tra continuare a collaborare con chi l'ha tradito e lo ha costretto a rinunciare per sempre alla sua vita, oppure vivere fino in fondo - e senza inganni - la sua "seconda identità", sfruttando la guerra tra i due boss per tentare una personale scalata ai vertici della criminalità organizzata.<br />
<br />
Troppo tardi. Il treno ormai è passato, e neppure il fatto di optare per la scelta meno ovvia riesce a salvare il film da quella fastidiosa sensazione che si presenta puntuale quando tutto sembra già scritto. Tutto sembra immobile in questo film, tutto è codificato, tutto si muove su un livello di superficie, dove le immagini galleggiano in una perenne condizione di patinata leggerezza.<br />
I codici non vengono piegati e stravolti, ma semplicemente reiterati, utilizzati come da manuale. Non ci si serve di un genere per portare a compimento un proprio discorso personale, ma si lascia che siano i codici stessi del genere a tracciare le linee guida del discorso.<br />
La Sony Pictures ha già acquistato i diritti del film. Waiting for the american remake... Nessuna sopresa all'orizzonte.<br />
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<b>GUARDA UNA CLIP DEL FILM</b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/019KdNl0gKw?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<b>GUARDA IL TRAILER</b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/P3B2wh9c40A?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<br />Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-89508640198609129662013-04-21T18:24:00.002+02:002013-04-23T11:39:58.287+02:0015° FEFF - Il cinema e la tortura. Riflessioni a partire da "National Security" di Chung Ji-Young<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-YrMH9UYi6JI/UXP2XGYWqqI/AAAAAAAAAmo/756ayEdpL6w/s1600/national+security.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="http://2.bp.blogspot.com/-YrMH9UYi6JI/UXP2XGYWqqI/AAAAAAAAAmo/756ayEdpL6w/s320/national+security.jpg" width="320" /></a></div>
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Il mio commento stavolta sarà piuttosto breve, e non rientrerà all'interno di una vera e propria recensione. Tuttavia, sentivo la necessità di abbozzare una riflessione a partire dal film appena visto al Far East Film Festival di Udine, <i>National Security, </i>del regista sud coreano Chung Ji-Young.<br />
Una riflessione che, in realtà, non potrà che essere parziale e, per l'appunto, appena abbozzata, dal momento che va a toccare una questione complessa e stratificata che non può essere affrontata nello spazio di poche righe: la relazione tra il cinema e la tortura o, meglio, la possibilità per il cinema di restituire allo spettatore in modo "efficace" la tortura.<br />
<a name='more'></a></div>
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Senza nessuna forzatura, si può dire che il film di Chung Ji-Young, basato su una storia vera, mostri per 106 minuti le torture perpretate ai danni di Kim Geun-tae, un attivista democratico sud coreano che nel 1985 fu imprigionato per 22 giorni e quotidianamente torturato dagli aguzzini fedeli al governo di Doo-hwan, con l'accusa di aver avuto contatti con la Corea del Nord nel tentativo di organizzare una rivoluzione violenta finalizzata al sovvertimento del governo in carica.<br />
Il problema che mi è parso di riscontrare in questo film che, lo preciso da subito, è stato accolto con un lunghissimo applauso in sala e si candida senza dubbio ad essere uno dei papabili vincitori della competizione, ha a che fare con quella che definirei un'eccessiva trasparenza della regia.<br />
La constatazione non nasce da un'esigenza cinefila che pretenderebbe di rintracciare una qualche ricerca formale in ogni film. Il problema è un altro, e concerne un aspetto che potrei definire del tutto soggettivo: mi sono sentito profondamente distante dal film e dalla vicenda narrata. Potrei dire di essermi annoiato profondamente o, per usare termini diversi, di aver raggiunto molto presto un alto livello di assuefazione nei confronti di quanto mi veniva mostrato sullo schermo.<br />
Parlando di trasparenza della regia, mi riferisco a quello che si potrebbe definire una stile "classico", basato sul campo-controcampo, sul dettaglio mostrato nel momento in cui le necessità narrative lo richiedono e su una gestione dei <i>tempi filmici </i>che non porta l'attenzione dello spettatore sulla durata in sé, ma che resta piuttosto incentrata sul tempo del <i>racconto</i>.<br />
Ma in questo caso esiste un "racconto"? Tutto ciò si può <i>raccontare</i>?<br />
Provo a lasciare aperta la domanda, interrompendo la mia riflessione con l'inserimento di un video che riporta alcune interviste ai componenti del cast. Il video in questione vi darà soprattutto la possibilità di vedere alcuni brevi frammenti del film che chiariranno meglio il senso della descrizione dello stile che ho tentato di restituire, dato che purtroppo al momento non sono reperibili su YouTube delle brevi sequenze del film.<br />
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/8pcoR9anw80?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Al termine della proiezione, riflettendo su quanto avevo appena visto, sono scattati quasi in automatico nella mia testa due confronti paralleli. Il primo è con il recente film di Kathryn Bigelow <i>Zero Dark Thirty</i>, la cui prima parte è incentrata proprio sulle torture messe in atto dagli agenti della CIA nei confronti di alcuni uomini sospettati di essere membri di Al Qaeda. In quel caso, il problema che riscontravo - sul piano stilistico - era lo stesso che rintraccio ora nel film di Chung Ji-Young, con la differenza che la Bigelow non si concentra esclusivamente su tale questione, nonostante le sequenze di tortura siano piuttosto lunghe e occupino una parte consistente del suo film. Appare tuttavia ovvio, in quel caso, che tali sequenze abbiano una finalità che può essere definita narrativa e che è riferibile alla formazione di un <i>punto di vista morale</i> che sia in grado di orientare le modalità di relazione tra lo spettatore e gli eventi narrati nel seguito del film (e che non ha comunque risparmiato alla Bigelow, come sempre avviene in questi casi, una lunga serie di accuse bilaterali, talvolta del tutto contrastanti tra loro).<br />
Il secondo termine di confronto è invece <i>Hunger</i>, il film di Steve McQueen che riuscì a toccarmi profondamente sul piano emotivo. In questo caso le finalità risultano essere piuttosto prossime a quelle del cineasta coreano, dal momento che McQuenn porta sullo schermo le vicende di Bobby Sands, un membro dell'IRA che, imprigionato nel carcere di Maze, si battè per il riconoscimento dello statuto di prigionieri politici per tutti i detenuti nelle sue stesse condizioni. In questo film, tuttavia, lo stile è tutt'altro che trasparente, e la scelta del regista non è tanto orientata a <i>raccontare</i> la vicenda del suo personaggio, ma a <i>mettere in scena</i> il processo di distruzione fisica e psicologica perpetrato nei suoi confronti, optando per uno stile che può essere definito prevalentemente <i>performativo</i> e solo in misura minore <i>narrativo</i>, e finalizzato a orientare di volta in volta l'attenzione dello spettatore sia sul contenuto delle singole inquadrature che su quella che potremmo definire come la loro articolazione spazio-temporale, basando così l'intensità di ogni singola sequenza non soltanto sulla brutalità delle azioni mostrate ma anche sulla loro durata (intesa in questo caso come la percezione soggettiva del trascorrere del tempo da parte dello spettatore).<br />
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-t6RuKFGsuEc/UXQQSOZEaHI/AAAAAAAAAmw/jGx88wRpzEI/s1600/national+security+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="http://1.bp.blogspot.com/-t6RuKFGsuEc/UXQQSOZEaHI/AAAAAAAAAmw/jGx88wRpzEI/s320/national+security+2.jpg" width="320" /></a></div>
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Non voglio dire, al termine di questa riflessione, che esista un modo per mettere in scena la tortura al cinema. Mi interessava semplicemente mettere sul piatto alcuni dei fattori che possono risultare determinanti perché un film di questo genere <i>arrivi </i>(o non arrivi) allo spettatore. E non nego che mi piacerebbe se questo articolo parziale, dal taglio assolutamente soggettivo e contestabile su più fronti riuscisse a dar vita a una qualche forma di discussione su questo blog, ache sulla base di una serie di domande che vorrei porre a mo' di (in)conclusione: qual'è in questo caso la "funzione" dello spettatore? Gli viene chiesto di essere testimone e di reagire in terza persona? O si pensa di poterlo condurre davvero dentro lo stato di umiliazione e sofferenza fisica di un torturato? </div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-19278720051444555172013-04-21T13:14:00.000+02:002013-04-23T11:40:32.701+02:0015° FEFF - "The Gangster", di Kongkiat Khomsiri<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-fncw-aR7nzI/UXO2d-mdDcI/AAAAAAAAAl4/i3LvoCUfD6k/s1600/The+gangster+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="http://1.bp.blogspot.com/-fncw-aR7nzI/UXO2d-mdDcI/AAAAAAAAAl4/i3LvoCUfD6k/s320/The+gangster+2.jpg" width="320" /></a></div>
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<i style="text-align: justify;">The Gangster</i><span style="text-align: justify;">, del regista tailandese Kongkiat Khomsiri, è u</span><span style="text-align: justify;">n film che scava dentro ogni inquadratura alla ricerca di una stratificazione che è (dovrebbe essere) propria di ogni immagine. Una ricerca continua di nuclei sedimentati che condensano al loro interno tracce di storia: l'intera storia di un genere cinematografico di cui il film è imbevuto; i frammenti di storia di un paese (la Thailandia) in un periodo compreso tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60; la storia di quelle schegge di cultura americana che si sono piantate nella carne di una parte della popolazione tailandese, modificandone l'agire sociale (e anche quello criminale). </span><br />
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Nella carne... e dove sennò? In quella carne in cui si piantano i coltelli prima e le pallottole poi, perché <i>The Gangster </i>ha davvero poco di mentale e molto di fisico, e propone con straordinaria lucidità un'estetica della violenza che il cinema occidentale contemporaneo non sa più maneggiare, se non nelle forme edulcorate tarantiniane o nell'inevitabile ricaduta <i>trash</i> che è tipica di molto cinema horror. Un'estetica che è stata invece recuperata (da anni ormai) nel cinema orientale, che l'ha fatta propria, e che continua a riproporla per stabilire con lo spettatore un rapporto non mediato... diretto... fatto di sensazioni che invadono direttamente il corpo e poi, solo in un secondo momento, sono elaborate coscientemente. </div>
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Ma andiamo con ordine, partendo dalle immagini, da un montaggio di due istantanee.<br />
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Immagine n.1: il capitano della polizia, nemico giurato delle gang che insanguinano le strade di Bangkok, uccide delle farfalle e le fissa su una tavola di sughero, per poi incorniciarle e ammirarne la bellezza.</div>
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Immagine n.2: uno schizzo di sangue sporca l'obiettivo della macchina da presa nella scena in cui Jod (the gangster) si vendica di alcuni membri della banda di Pu che hanno umiliato e offeso due componenti della sua "famiglia".</div>
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La distanza e il contatto. Un binomio all'interno del quale è inscritto già il fallimento del capitano e la sua incapacità di comprendere un fenomeno che non può essere fissato, sezionato e guardato da lontano, perché il sangue ci tocca, viene verso di noi e non ci consente più di stabilire una distanza fisica con i corpi e le azioni che sono sullo schermo. Quello schermo non <i>indica</i> più una separazione, ma <i>è</i> una superficie di contatto. </div>
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E non può che tornare alla mente Georges Didi-Huberman che con la sua "Parabola della falena" sembra offrirci una chiave di lettura che è quasi letterale: si può scegliere di osservare le farfalle (e le immagini) fissandole, come fa il capitano, oppure si può restare implicati nel loro continuo movimento, come ci richiede Khomsiri. L'immagine non va osservata ma aperta, per poterne testare la carnalità (ancora Didi-Huberman).</div>
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-TyUPt-WtuUM/UXPD3vY60UI/AAAAAAAAAmQ/UpklywcjeGI/s1600/The+gangster_m.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="187" src="http://2.bp.blogspot.com/-TyUPt-WtuUM/UXPD3vY60UI/AAAAAAAAAmQ/UpklywcjeGI/s320/The+gangster_m.jpg" width="320" /></a></div>
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C'è poi un secondo livello di lettura che, come dicevo in apertura, sta ad indicare l'esistenza di un altro strato dell'immagine, collocato appena sotto quello che abbiamo appena descritto. A questa profondità stanno delle connessioni che potremmo definire "culturali". Ed ecco che Khomsiri si dimostra pronto a pagare tutti i suoi tributi: a Scorsese<i> </i>(e ai suoi bravi ragazzi), dal quale il regista sembra aver attinto non solo ad un livello tematico, ma anche - almeno in parte - a un livello stilistico. E anche al western, che è evocato nella sua forma classica dalla presenza di alcune locandine affisse per le strade di Bangkok, ma il cui "riutilizzo" è filtrato evidentemente dalla lezione di Peckimpah e Leone. </div>
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Si stabilisce così un dialogo, o una vera e propria connessione indistricabile, tra le influenze occidentali che - sul piano formale - nutrono il film di Khomsiri, e quelle che - a livello diegetico - animano gli atteggiamenti di alcuni suoi personaggi, i quali agiscono sulla falsa riga di una personalissima mitografia che comprende Elvis Presley, James Dean e il Rock'n Roll.<br />
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-nGd1sba_nVE/UXPJsAdxlzI/AAAAAAAAAmY/7NGhfcwZmn0/s1600/the+gangster+3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="215" src="http://2.bp.blogspot.com/-nGd1sba_nVE/UXPJsAdxlzI/AAAAAAAAAmY/7NGhfcwZmn0/s320/the+gangster+3.jpg" width="320" /></a></div>
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Ritmo, azione, centralità dei corpi. Ma anche storie che si intrecciano, si congelano, si interrompono inaspettatamente e si riavvolgono su se stesse per stabilire delle intime connessioni tra passato e presente. Storie di (stra)ordinaria criminalità scandite dalla cornice di un (falso) documentario che cerca nel nostro tempo le (false) testimonianze dirette di un passato che chiede di essere guardato prima ancora che narrato.<br />
Perché <i>The Gangster</i> vive di immagini. Anzi, <i>The Gangster </i>è un turbinio di immagini che ci riempie gli occhi e ci scuote i nervi. Ma è il cinema bellezza...e tu non puoi farci niente.<br />
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<b>GUARDA IL TRAILER</b></div>
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<b><br /></b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/ClDYgzDeYdU?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<!--EndFragment-->Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-88318655028275046272013-04-20T17:39:00.001+02:002013-04-21T00:59:27.306+02:0015° FEFF - Omaggio a King Hu: "Raining in the Mountain" <div style="text-align: justify;">
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Mk120IGysNY/UXK2qP6YMQI/AAAAAAAAAlo/FnaGnDVUYu4/s1600/raining-in-the-mountain-fight.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="135" src="http://4.bp.blogspot.com/-Mk120IGysNY/UXK2qP6YMQI/AAAAAAAAAlo/FnaGnDVUYu4/s320/raining-in-the-mountain-fight.jpg" width="320" /></a></div>
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Dopo la proiezione di questa mattina del primo film hongkonghese in concorso (il non troppo convincente <b><i>Cold War</i> </b>di Longman Leung e Sunny Luk), la prima giornata del <b>Far East Film Festival</b> di Udine è proseguita all'insegna di Hong Kong, andando a scavare nella tradizione cinematografica di questo paese con <b style="font-style: italic;">Raining in the Mountains </b>(1979)<b style="font-style: italic;"> </b>del regista King Hu, al quale il festival dedica quest'anno una retrospettiva.<br />
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Un'immersione nella classicità del cinema asiatico potremmo dire. Un <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Wuxia">wuxia</a> poco incentrato sulla ricerca formale e più attento a innestare nelle maglie di una struttura narrativa lineare elementi scenografici e coreografici che disseminano lungo il percorso le tracce della tradizione.<br />
Il film, ambientato in un monastero buddista all'epoca della dinastia Ming, scorre sui binari di due linee narrative principali. Da una parte la vicenda della trasmissione del potere: il vecchio abate convoca presso di sè tre laici perché lo aiutino nella scelta del suo successore, che ricadrà su Hui Ming, un uomo ingiustamente accusato di furto, il quale ha riscattato la propria libertà votandosi alla vita monastica. La seconda riguarda invece i tentativi di furto del prezioso Rotolo di Tripitaka (una preziosa scrittura buddista custodita nella biblioteca del monastero), perpetrati a più riprese da alcuni degli ospiti del vecchio abate.<br />
<br />
Al di là delle vicende narrative che, come detto, procedono all'insegna di una linearità che non consente al film di trovare il proprio punto di forza nel <i>racconto</i>, più interessante sembra essere il discorso "politico" ad esse sotteso. King Hu sembra infatti trovare nello spazio ristretto del monastero la possibilità di costruire un personale discorso sul potere che, nonostante l'esistenza di una struttura fortemente gerarchizzata, riesce a trovare nella <i>saggezza</i> una possibile arma di sovversione finalizzata al pieno raggiungimento della giustizia. Ciò appare evidente nel riscatto di Hui Ming, che riesce a dimostrare la propria innocenza anche di fronte alle accuse di un tenente intenzionato - in realtà - ad appropriarsi del Rotolo di Tripitaka, ed emerge con forza ancora maggiore nel finale, all'interno del quale è racchiusa - in una forma anche troppo didascalica - la morale del film. Hui Ming, divenuto ormai il nuovo abate, sceglie di bruciare il preziosissimo Rotolo, causa di tanta discordia, dimostrando con questo gesto che il vero valore non risiede nella materialità (replicabile e replicata) dell'oggetto in sè, ma nel significato dei suoi contenuti, che la tradizione è in grado di conservare anche <i>in absentia</i>.<br />
<br />
King Hu lascia partire in sordina il suo film, rivelando poi una notevole abilità nella gestione del ritmo. Se la prima parte di <i>Raining in the Mountain</i> sembra più attenta alla descrizione del rituale, alla gestualità lenta e calibrata dei personaggi, nella seconda parte assistiamo a un'accelerazione che "alleggerisce" il film su due livelli distinti: quello verbale, attraverso una crescente (seppur sottile) ironia che si insinua nei dialoghi, e quello dell'azione, che nel finale diviene assolutamente predominante. Si pensi, per esempio, alla staffetta tra i ladri che<i> </i>culmina nell'uccisione del tenente e dell'aiutante di Hui Wen. Un momento spiazzante, inatteso, non prevedibile all'interno del clima "idilliaco" in cui lo spettatore è stato immerso fin lì. Un improvviso debito pagato dal film alla "realtà", quasi a voler dire che anche qui si combatte, si sanguina... si muore.<br />
Ed è proprio in questo momento, peraltro, che sembra palesarsi la possibilità di porre questo film - come altri di King Hu - alla base del moderno wuxia, che ha guadagnato ormai da diversi anni l'apprezzamento del pubblico occidentale (da <i>La tigre e il dragone</i> a <i>Hero</i>, passando per <i>La foresta dei pugnali volanti</i>, solo per citare qualche titolo più noto).<br />
<br />
Non mancano dunque gli elementi per ritenere degna di interesse questa rassegna proposta dal Far East Film Festival. Un salto nel passato che di tanto in tanto si interporrà all'interno del flusso della produzione asiatica più recente, e che ci consentirà forse di stabilire di volta in volta un inaspettato, fruttuoso e anacronistico dialogo tra le opere.<br />
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<b>GUARDA UNA SEQUENZA DEL FILM</b></div>
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<b><br /></b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/FkC89lP2p8Q?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-77576778904921683122013-04-17T18:04:00.001+02:002013-04-23T11:42:49.443+02:00"Qualcuno da amare". Kiarostami presenta il suo ultimo film alla Casa del Cinema di Roma<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-dOamvhG2v_U/UW6qLtz4MnI/AAAAAAAAAlA/HyRaOzjRNlc/s1600/Abbas-Kiarostami-001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="191" src="http://2.bp.blogspot.com/-dOamvhG2v_U/UW6qLtz4MnI/AAAAAAAAAlA/HyRaOzjRNlc/s320/Abbas-Kiarostami-001.jpg" width="320" /></a></div>
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Si è tenuta ieri a Roma, presso la Casa del Cinema di Villa Borghese, l'anteprima stampa di <i>Qualcuno da amare</i>, l'ultimo film del cineasta iraniano Abbas Kiarostami presentato in concorso all'ultima edizione del Festival di Cannes e che uscirà nelle sale italiane il 24 aprile. Al termine della proiezione il regista ha risposto alle domande dei giornalisti presenti in sala.</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<b>Le chiederei innanzitutto per quale motivo ha deciso di girare questo film in Giappone.</b></div>
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<b><br /></b></div>
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Perché ho scelto il Giappone... In questo periodo mi è capitato di rispondere molte volte a questa domanda, eppure questa mattina - rilasciando un'intervista - mi è venuta in mente una risposta che mi piace molto più di quelle che ho dato finora. Spesso ho detto che ho fatto lì il film perché mi piacevano i giapponesi, perché mi piaceva il sushi, perché mi piaceva l'ambiente, però stamattina, riflettendo bene, ho pensato che la storia di questo film in fondo è universale e si basa su un'idea che appartiene a tutti. Quando siamo lontani gli uni dagli altri crediamo di essere molto differenti, ma in realtà - se ci riflettiamo bene - ci accorgiamo che queste "distanze" creano soltanto malintesi, perché in fondo ci assomigliamo moltissimo, siamo tutti molto simili. </div>
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<br /></div>
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<b>Quindi lei, sulla base di quello che ha detto, sostiene che "tutto il mondo è paese". Io però posso dire che in Italia una ragazza giovane non accetterebbe mai una relazione con un ragazzo così maschilista, come avviene nel suo film. Lei ci mostra una società maschilista che noi abbiamo superato, almeno qui in Italia (rumori di dissenso da parte dei presenti in sala)...</b></div>
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<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Se lei afferma questo, allora io devo dire che ho sbagliato. Ho creduto che fossimo molto simili, ma se lei dice che siamo così diversi io lo accetto.</div>
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<br /></div>
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<b>Mi chiedevo il motivo della scelta di questo finale troncato, che si potrebbe definire come una <i>non fine</i>...</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Direi che il finale si può definire <i>inusuale. </i>Quando stavo scrivendo la sceneggiatura e sono arrivato alla frase che descrive l'ultima immagine del film, ho sentito la necessità di scrivere la parola "FINE"<i>. </i>Ho avuto tempo per pensare a un altro finale, un anno, perché la tragedia di Fukushima ha ritardato l'inizio delle riprese, però alla fine ho deciso che questo era il finale che volevo. Noi entriamo e usciamo dal film, ma la storia continua...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>In questi giorni è circolata una voce sulla possibilità che il suo prossimo film sia ambientato in Puglia. </b><span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><b>È fondata? E quando dovrebbero iniziare le riprese?</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><b><br /></b></span></div>
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<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">Se dovessi fare un film, lo farei sicuramente in Puglia. Ho una sceneggiatura già pronta, ho individuato la location e credo di aver scelto anche il primo interprete, perciò se dovessi iniziare a girare inizierei sicuramente da questa sceneggiatura. In questo momento però non sono ancora nelle condizioni opportune per farlo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><b>Vorrei chiederle qualcosa sul percorso distributivo del film e sapere quali sono state le reazioni in Giappone e in Iran?</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><b><br /></b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">Il film è uscito all'incirca in 20 paesi. Da quello che mi dicono in Giappone ci sono stati due tipi di reazioni completamente opposte: alcuni hanno fortemente amato il film e altri non lo hanno assolutamente apprezzato. In Giappone gran parte del pubblico non ama il cinema tradizionale giapponese. Il mio cinema invece risente dell'influenza di cineasti come Ozu e Mizoguchi. Molti dei registi giapponesi contemporanei replicano il cinema hollywoodiano e non hanno quindi i miei stessi modelli di riferimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">Quello che è sorprendente è che negli Stati Uniti il film ha avuto un gran successo sia di pubblico che di critica. Sembrerebbe quasi che Giappone ed Europa hanno un grande interesse per il cinema americano, mentre negli Stati Uniti si sta riscoprendo un discreto interesse nei confronti del cinema europeo e del cinema d'autore in senso più ampio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">In Iran invece il film non è uscito, però so che sta circolando clandestinamente con i sottotitoli in inglese.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-0J1Q0YDG2rI/UW6qtPK-tZI/AAAAAAAAAlI/NotylW6_YpQ/s1600/abbas+kiarostami+3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="198" src="http://4.bp.blogspot.com/-0J1Q0YDG2rI/UW6qtPK-tZI/AAAAAAAAAlI/NotylW6_YpQ/s320/abbas+kiarostami+3.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><b>Come ha scelto gli interpreti principali per questo film?</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Ci tengo innanzitutto a dire che tutti gli attori e tutti i collaboratori sul set erano giapponesi. Io ero l'unico ospite. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Prima di iniziare le riprese ho visionato molti attori professionisti, ma nessuno di loro rispecchiava quello che cercavo perché tutti loro erano abituati a recitare, e questo non va bene per il mio cinema. A quel punto mi sono visto costretto a prendere le distanze da questa scelta e ho cercato l'attore principale tra le comparse. Il signor Okuno, che ho scelto alla fine per il ruolo del professore, mi ha detto che faceva la comparsa da cinquant'anni e non si sentiva all'altezza di recitare da protagonista. Io gli ho detto che avrebbe dovuto imparare solo due pagine di dialoghi, e che dunque era assolutamente in grado di farlo. E così, due pagine per due pagine, ho cercato di far in modo che lui andasse avanti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Quando sono terminate le riprese, mi sono reso conto di provare una grande stima e un grande affetto nei suoi confronti, perché era una persona molto rigorosa, molto severa e molto responsabile. Lui mi ha scritto, mi ha detto che era stato felice di lavorare con me, ma che allo stesso tempo questo lavoro era risultato troppo duro e faticoso, e che dunque non vorrebbe più ripetere quest'esperienza e tornare a fare la comparsa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Tornando alla domanda iniziale: perché sono andato a girare questo film in Giappone? Potrei dire che l'ho fatto perché credevo che al mondo potessero esistere ancora persone come lui. E vorrei dire anche che se qui in Italia davvero non avete persone violente e maschiliste come il personaggio più giovane del mio film, allora probabilmente non avete neanche questo signore che preferisce stare all'ombra anziché in prima linea.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><b>Del film mi ha molto colpito la sua capacità di penetrare l'ambiente in cui si è immerso e di riuscire a restituire un'immagine del Giappone autentica, anche sulla base di alcune relazioni binarie che sono presenti: il confronto tra ambiente rurale e metropoli, ma anche il confronto tra personaggi diversi da un punto di vista generazionale. Mi chiedo dunque se ha intenzione in futuro di tornare a girare in Giappone.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Non saprei dirlo, ma la ringrazio davvero per questa domanda, perché quando ho scritto la sceneggiatura e ho proposto al produttore di girare un film in Giappone, lui mi ha guardato un pochino male. Io gli ho detto che non sapevo se avrei fatto un film bello o brutto, ma gli ho garantito che avrei fatto un film <i>giapponese</i>. Quando il film è terminato, le persone che lo hanno visto mi hanno detto che non si vede l'ombra di uno straniero, e che il film risulta a tutti gli effetti un film giapponese. Devo dire però che è stato davvero molto difficile riuscire in questo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;">Durante le riprese è venuta a trovarmi l'assistente di Kurosawa, la signora Nogami, e mi ha trovato sulla sedia a rotelle o che camminavo col bastone perché mi facevano terribilmente male le ginocchia. Mi ha guardato e mi ha detto che gli ricordavo Kurosawa quando girò <i>Dersu Uzala </i>in Russia, perché anche lui era devastato e ogni notte piangeva. Io gli ho risposto che non piangevo ogni notte, ma una notte sì e una no...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span>
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: Cambria;"><b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></span></div>
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;"><br /></span>
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<br />Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-32370266862016618812013-04-13T11:20:00.001+02:002013-04-20T16:26:37.641+02:00Tutto pronto per il 15° Far East Film Festival. Wong Kar-Wai PERSONAGGIO DEL MESE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-tM_i_iwIQVE/UWkho4mTUiI/AAAAAAAAAko/N42oWjkC8Ls/s1600/8622145512_f47705fb33.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://1.bp.blogspot.com/-tM_i_iwIQVE/UWkho4mTUiI/AAAAAAAAAko/N42oWjkC8Ls/s320/8622145512_f47705fb33.jpg" width="280" /></a></div>
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Tutto sembrerebbe essere pronto per la 15a edizione del <b>Far East Film Festival </b>di Udine, e Cineclash ci sarà. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il più importante festival di cinema asiatico in Italia prenderà il via il <b>19 aprile</b> e si chiuderà il <b>27 aprile, </b>e<b> </b>questo blog non poteva perdere l'occasione di confrontarsi con alcune cinematografie che risultano essere ad oggi tra le più interessanti nel panorama internazionale.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
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Nella full-immersion asiatica saranno proiettati film provenienti non soltanto dalla Cina, dal Giappone e da Hong Kong (tre cinematografie che hanno guadagnato in questi ultimi anni una buona visibilità anche nei paesi occidentali), ma anche da Taiwan, dalla Thailandia, dall'Indonesia, dalla Malesia e dalle Filippine (una cinematografia, quella filippina, che negli ultimi anni si è affermata anche al di fuori dei confini asiatici grazie all'apprezzamento riscontrato nei principali festival europei dal regista Brillante Mendoza).</div>
<div style="text-align: justify;">
Un'attenzione particolare sarà sicuramente riservata alla Corea, definita già nel corso della conferenza stampa d'apertura come "l'ultimo Paese diviso del mondo", e che si ritrova oggi - com'è noto - al centro di forti tensioni internazionali.</div>
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-WZNQAy35eQM/UWkh3O5CVBI/AAAAAAAAAk0/h6EAIEf7XGI/s1600/2046-02.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="113" src="http://1.bp.blogspot.com/-WZNQAy35eQM/UWkh3O5CVBI/AAAAAAAAAk0/h6EAIEf7XGI/s320/2046-02.jpg" width="320" /></a></div>
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Cogliendo l'occasione di questo importante festival, e dall'attenzione che sarà dunque dedicata in questo mese al cinema proveniente dall'estremo oriente, Cineclash dedicherà la rubrica audiovisiva <b>"Personaggio del mese" </b>a <b>Wong Kar-Wai</b>, uno straordinario cineasta originario di Hon Kong, autore di capolavori come <i style="font-weight: bold;">In the Mood for Love </i>(2000), <i style="font-weight: bold;">2046 </i>(2004) e <i style="font-weight: bold;">The Grandmaster </i>(2012), film presentato in anteprima mondiale all'ultimo Festival di Berlino. </div>
<div style="text-align: justify;">
Wong Kar-Wai ha saputo proporre nell'ultimo quindicennio un cinema di altissimo valore stilistico, caratterizzato in particolare da un attento lavoro sull'immagine e sulla temporalità dell'immagine, che ha dato vita (si veda per esempio <i><b>2046</b>) </i>a dei veri e propri <i>walzer figurativi</i>, basati su degli "eterni ritorni" che sembrano costantemente ingaggiare una lotta contro la temporalità (tecnicamente) lineare che è tipica del cinema. <i style="font-weight: bold;"> </i> <b> </b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Vedremo se questa edizione del Far East Film Festival saprà concederci la scoperta di nuovi cineasti di tale valore, che possano aprire nei prossimi anni nuove strade per le singole cinematografie nazionali e per il cinema asiatico tout-court. Ammesso che questa macro-categoria esista davvero.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In attesa della pubblicazione del programma ufficiale, vi invitiamo a visitare il sito ufficiale del Far East Film Festival.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.fareastfilm.com/EasyNe2/Homepage.aspx">SITO UFFICIALE DEL FAR EAST FILM FESTIVAL</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.fareastfilm.com/EasyNe2/LYT.aspx?Code=FEFJ&IDLYT=694&ST=SQL&SQL=ID_Documento=3988">ELENCO DEI FILM IN CONCORSO</a></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-66116194238030691122013-04-08T12:11:00.000+02:002013-07-31T14:34:29.090+02:00IN SALA - "Come un tuono", di Derek Cianfrance<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-u4bkKt-YOMk/UWFAuurGFII/AAAAAAAAAkI/qSevrKXQ62o/s1600/come+un+tuono.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="http://3.bp.blogspot.com/-u4bkKt-YOMk/UWFAuurGFII/AAAAAAAAAkI/qSevrKXQ62o/s320/come+un+tuono.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<!--StartFragment--><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: "MS 明朝"; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-fareast; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">È curioso, ma se avessi scritto questa recensione a caldo, appena uscito dalla sala dopo aver visto il film, il mio giudizio sarebbe stato decisamente meno positivo. Evidentemente <b style="font-style: italic;">Come un tuono </b>necessita di qualche ora di decantazione; richiede allo spettatore di "dormirci su". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-family: Cambria; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: "MS 明朝"; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-fareast; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Ed ecco che al risveglio l'effetto è stato sorprendente: alcuni tratti della storia erano sfumati, alcuni snodi narrativi - retorici - meno convincenti avevano perso di importanza, e alcune immagini si erano impresse nella mente con forza, scolpendo mediante il loro accostamento virtuale quelle che sono alcune <b>sensazioni chiave</b><i style="font-weight: bold;"> </i>che il film vuole imprimere nello spettatore. E se</span> si pensa poi che <b>Derek Cianfrance</b> è stato allievo di <b>Stan Brakhage</b>, tutto ciò appare decisamente meno casuale, come se la scelta di optare per un cinema narrativo non avesse comportato la rinuncia ad un meticoloso lavoro sull'immagine che si anima sotto pelle e che - in forma attenuata, non più sperimentale - sembra riecheggiare quell'intensa esperienza formativa.</span></div>
<a name='more'></a><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: "MS 明朝"; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-fareast; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><i>Come un tuono</i> è una staffetta, nel corso della quale i personaggi si passano il testimone scandendo così il procedere del film lungo i binari di una struttura tripartita. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: "MS 明朝"; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-fareast; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Il primo protagonista è Luke "il bello" (magistralmente interpretato da <b>Ryan Gosling</b>): stuntman e spericolato motociclista prima, uomo maldisposto a rinunciare al suo diritto di paternità poi, criminale per necessità infine. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Il secondo è Avery Gross (<b>Bradley Cooper</b>), un poliziotto osannato come eroe e difensore della giustizia, ma la cui bruciante carriera si tiene in piedi sul filo di una menzogna e di un ricatto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: "MS 明朝"; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-fareast; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Stacco. Quindici anni dopo... I figli di Luke e Avery, entrambi sedicenni, incrociano le loro strade e si ritrovano inevitabilmente costretti a riaprire i conti col passato dei loro genitori.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Con queste tre istantanee è possibile sintetizzare le principali linee narrative che attraversano il film. E tuttavia appare riduttivo considerare semplicemente tripartita questa struttura narrativa, dal momento che Cianfrance dissemina nel film una serie di elementi che sembrano stabilire delle relazioni binarie e creare dei nessi che non ci consentono mai di considerare del tutto chiusa una singola "parte". Pensiamo, per esempio, alla presenza dei due bambini che demarca evidentemente i contorni di una "specularità" che, per estensione, coinvolge i loro rispettivi genitori, e che è peraltro esplicitata (con un effetto ironico - forse - non del tutto volontario) nelle parole della psicologa da cui si reca Avery Gross nel tentativo di elaborare il trauma che ha fortemente segnato la sua vita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ma pensiamo anche, e soprattutto, a quel "doppio movimento" che conferisce una perfetta circolarità alla traiettoria narrativa del film: se nella prima parte assistiamo infatti al passaggio di Luke da una condizione nomade (dovuta al suo lavoro, allo spettacolo itinerante di cui è protagonista) a una sedentarietà indispensabile per adempiere ai suoi compiti di genitore, nel finale siamo testimoni della scelta di suo figlio di mettersi in viaggio in sella ad una moto per seguire le tracce del padre.</span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Tra questi due "movimenti", che sembrano avvenire lungo <b>una linea sottile che separa ciò che è lecito da ciò che è etico</b>, si colloca "la legge", che sembra lavorare nella parte centrale del film come un lunghissimo controcampo che ribalta i termini della questione, riportando l'immoralità entro i margini di un sistema che la deforma fino al punto da farla coincidere con "il giusto", per fondare addirittura la propria esistenza su questo perverso meccanismo di trasfigurazione.</span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br />
</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-_Zsm1ZcPc2Q/UWHpjqbV5yI/AAAAAAAAAkY/sIdA1tMdGx8/s1600/come+un+tuono2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><img border="0" height="212" src="http://3.bp.blogspot.com/-_Zsm1ZcPc2Q/UWHpjqbV5yI/AAAAAAAAAkY/sIdA1tMdGx8/s320/come+un+tuono2.jpg" width="320" /></span></a></div>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br />Una trasfigurazione che si materializza sul piano visivo mediante il passaggio di testimone tra Luke e Avery: Luke scompare, vittima di una sorta di <i>damnatio memoriae </i>che giunge al punto da rendere il suo nome sconosciuto persino al figlio, fino al momento in cui la riappropriazione di un'immagine (una fotografia) che rivela l'altro volto dell'antieroe, quello occultato dal sistema dominante, non pone fine a questo processo di rimozione e rimette in discussione la collocazione del "giusto". Contemporaneamente alla demitizzazione di Luke - il quale era annunciato quasi come un mito vivente nell'incipit del film, mentre si preparava ad entrare in scena per dare vita al suo spericolato spettacolo - prende corpo la mitizzazione mediatica di Avery, come a voler individuare un'ulteriore traccia di (dis)continuità tra questi due personaggi che incrociano fisicamente le loro strade per un solo brevissimo istante. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br />
Questi sono i tratti della storia, del "discorso" direbbe qualcuno. Sotto di essi, però, si annida un'attenzione al dato visivo che veicola i contenuti e riconverte la loro portata comunicativa in forza espressiva. E in questo il merito va ripartito tra il regista Derek Cianfrance e il direttore della fotografia <b>Sean Bobbitt</b>, il quale è stato collaboratore tra gli altri di <b>Steve McQueen</b> sia in <i><b>Hunger</b></i> che in<i> <b>Shame</b></i>, due film che rendono quasi indiscernibile il confine che separa il lavoro sull'immagine dal lavoro sul corpo dell'attore, riportando il tutto in una compenetrazione profonda che pone lo spettatore di fronte a un'unica materia che si plasma davanti ai suoi occhi inquadratura dopo inquadratura. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ebbene, anche in questo film - probabilmente non al pari dei due capolavori di Steve McQueen - si avverte a tratti un processo analogo, in particolare per quel che riguarda il personaggio di Luke, il cui corpo tatuato è presentato da subito, nell'intenso pianosequenza iniziale, come una vera e propria superficie di inscrizione, prima ancora che come un corpo in azione. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ma è possibile pensare anche al lavoro sinergico di fotografia e trucco che viene operato sul volto di Eva Mendes: un volto in trasformazione, provato e stanco, che porta in sé i segni del dolore, e che prima ancora di raccontarci qualcosa sul personaggio da lei interpretato ci restituisce il senso di un lavoro di de-iconizzazione dell'attrice stessa. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br />
C'è poi da segnalare anche un'attenzione quasi maniacale (soprattutto nella prima parte del film) alla scelta del punto di vista, con inquadrature che costantemente giocano a richiamare su di loro l'attenzione dello spettatore, stabilendo delle relazioni complesse tra soggetto guardante e oggetto guardato, e riportando così sul piano visivo la difficoltà nell'individuazione di una "soggettività" dominante, a proposito della quale abbiamo già analizzato le ripercussioni sul piano narrativo. Si pensi ai numerosi raccordi a comprensione ritardata o alle false soggettive che si ripetono nel corso del film, tra le quali va segnalata senza dubbio quella che apre la sequenza del battesimo di Jason, il figlio di Luke.</span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br />
<i>Come un tuono</i> è dunque un film che si lascia guardare e che gioca a posizionare l'attenzione dello spettatore su un livello differente rispetto a quello su cui sta effettivamente lavorando. Non è un film perfetto, soprattutto se si concentra l'attenzione sui minuti finali che tradiscono un'incapacità di portare a pieno compimento il lungo discorso avviato. E tuttavia, rispetto agli elementi che ho tentato di far emergere nel corso di questa riflessione, le imperfezioni presenti finiscono per divenire (quasi) trascurabili. </span><br />
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ritorno al punto di partenza: lasciar decantare... Questo è il segreto.</span><br />
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
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<span style="font-family: Cambria;"><b>GUARDA UNA CLIP DEL FILM</b></span></div>
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<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/VdC9TJX9Ois?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<br /></div>
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<b><br /></b></div>
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<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></div>
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<br /></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/ACUq6hYV6yg?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<span style="font-family: Cambria;"><b><br /></b></span></div>
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span>
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span>
<span style="font-family: Cambria;"><br /></span></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-83008642972893652992013-03-29T00:18:00.000+01:002013-03-29T11:52:19.558+01:00L'INVERNO STA ARRIVANDO: Game of Thrones in 9 Minutes...<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-wRf4wE4npZ0/UVTT_GaxEbI/AAAAAAAAAjw/NeIxLNWqeU8/s1600/Game-of-Thrones-1_0.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="http://4.bp.blogspot.com/-wRf4wE4npZ0/UVTT_GaxEbI/AAAAAAAAAjw/NeIxLNWqeU8/s320/Game-of-Thrones-1_0.png" width="320" /></a></div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Aspettando il <b>31 marzo</b>, data d'uscita negli Stati Uniti dell'attesissima terza stagione di <i><b>Game of Thrones</b> </i>(titolo italiano: <i>Il trono di spade</i>), ecco un video che sintetizza in soli 9 minuti le prime due serie.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un breve ma intensissimo viaggio che ci guida da Approdo del Re a Grande Inverno, fino alla Barriera e oltre...</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-r3-XlnfHEuk/UVTU2DizTOI/AAAAAAAAAj4/FJokrtwxxbU/s1600/Games+of+Thrones+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="164" src="http://1.bp.blogspot.com/-r3-XlnfHEuk/UVTU2DizTOI/AAAAAAAAAj4/FJokrtwxxbU/s320/Games+of+Thrones+2.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Il video è stato realizzato dalla rivista online "Slate", di proprietà della Microsoft. </div>
<div style="text-align: justify;">
Gli autori hanno dimostrato una straordinaria capacità di sintesi, riuscendo a condensare in un tempo brevissimo i tratti salienti del Mondo creato dallo scrittore George R.R. Martin, e trasposto sullo schermo per la <b>HBO</b> da David Benioff e D.B. Weiss.<br />
Un'impresa decisamente non facile, data la complessità narrativa che caratterizza la serie e la peculiare dislocazione delle storie che in essa prendono vita.</div>
<div style="text-align: justify;">
E tuttavia un'impresa decisamente riuscita che, al di là del suo valore intrinseco, risulterà utile per tutti gli appassionati che - in attesa della fatidica data - volessero rinfrescare la propria memoria...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><a href="http://bcove.me/7jy8p8t5">GUARDA IL VIDEO</a></b></div>
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<br /></div>
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<b><a href="http://www.hbo.com/game-of-thrones/index.html">VAI AL SITO UFFICIALE DELLA SERIE</a></b></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-12923784639802329162013-03-21T18:40:00.003+01:002013-03-23T11:10:18.786+01:00"Aquadro", di Stefano Lodovichi<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-AL298LvuVxw/UUsVWnvy6OI/AAAAAAAAAh8/T-xOUaiZYkA/s1600/AQUADRO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="http://3.bp.blogspot.com/-AL298LvuVxw/UUsVWnvy6OI/AAAAAAAAAh8/T-xOUaiZYkA/s320/AQUADRO.jpg" width="320" /></a></div>
<i><b><br /></b></i>
<i><b><br /></b></i>
<i><b>Aquadro</b> </i>è un film che nasce per il Web. Uno di quei progetti che tenta di aggirare la crisi profonda in cui è immerso il sistema produttivo-distributivo del nostro Paese, rinunciando alla sala per ricercare nuove forme di veicolazione che possano garantire al cinema italiano una visibilità maggiore rispetto a quella - piuttosto ridotta - dei circuiti festivalieri. <i>Aquadro</i> è soprattutto un film giovane. Non solo - e non tanto - perché getta il proprio sguardo sull'universo giovanile, tentando di comprendere quelle che sono le dinamiche relazionali della nuova generazione di adolescenti, ma soprattutto perché è pensato, progettato e realizzato da un cast tecnico e artistico la cui età media si aggira intorno ai trent'anni: dall'esordiente regista ventinovenne <b>Stefano Lodovichi</b>, al coetaneo sceneggiatore <b>Davide Orsini</b>, fino ai poco più che ventenni attori protagonisti <b>Maria Vittoria Barrella</b> e <b>Lorenzo Colombi</b>.<br />
<a name='more'></a><br />
L'adolescenza dicevamo. Ma mi chiedo immediatamente: <i>Aquadro</i> è davvero un film che pone al centro del proprio interesse l'<b>adolescenza</b> in quanto tale? E' assolutamente innegabile la presenza di alcuni riferimenti espliciti all'età dei due protagonisti Amanda e Alberto, entrambi sedicenni, così come è innegabile la connotazione anagrafica che porta con sè la cornice entro cui prende forma la loro storia d'amore: una gita scolastica. Eppure, nonostante questo, si ha continuamente la sensazione che la vicenda dei due protagonisti sia sottoposta all'azione di una forza centripeta che la comprime, isolandola da contesti generazionali che - forse - avrebbero finito per replicare quel fastidioso "effetto Muccino" che da tanti anni affligge il nostro cinema, e che ha poi trovato nel filone "mocciano" una sua (in)degna linea di continuità. Per fortuna <i>Aquadro</i> sfugge a questa infelice sorte.<br />
<br />
L'effetto di questa forza - e la sua stessa esistenza - è rinvenibile solo a partire da un dissezionamento del film che ci consenta di considerare separatamente alcuni aspetti che lo caratterizzano. Iniziamo col constatare il fatto che le "presenze" all'interno del film che possono assurgere allo statuto di "personaggi" si contano sulle dita di una mano e sono esattamente tre: Alberto, Amanda e Barbara (la migliore amica della protagonista), alle quali si può - e forse si deve - aggiungere un'ulteriore presenza "virtuale", quella di Nanà, una ragazza con la quale Alberto intrattiene una relazione a pagamento in webcam.<br />
Da questa prima constatazione ne scaturisce immediatamente una seconda: l'assenza di un reale contesto familiare e/o scolastico che si proponga come reale termine di confronto con il ristrettissimo nucleo appena indicato. E questa mi pare essere, probabilmente, la scelta più significativa nel favorire (e forse persino nel determinare) il decentramento della "questione adolescenziale", escludendo a priori la possibilità di alcuni escamotage narrativi (primo tra tutti lo stereotipato "scontro generazionale") che avrebbero inevitabilmente spostato il fuoco dell'attenzione verso la <i>divergenza di visioni</i> che sarebbe derivata dalla presenza di personaggi adulti.<br />
La visione è invece fortemente ancorata a quel nucleo centrale di personaggi in un modo quasi ossessivo, che finisce per decontestualizzare l'intera vicenda e <b>trascinarla fuori da ogni coordinata temporale</b>. Si pensi per esempio - e questa potrebbe essere una terza constatazione all'interno della nostra analisi - al registro espressivo dei personaggi e al loro comportamento, che li rende quasi anacronistici rispetto a quei sedici anni che segnano la loro età anagrafica. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-gEu-amcsSg4/UUtDIc_YMSI/AAAAAAAAAic/oKsJO1bSGdg/s1600/aquadro3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="182" src="http://3.bp.blogspot.com/-gEu-amcsSg4/UUtDIc_YMSI/AAAAAAAAAic/oKsJO1bSGdg/s320/aquadro3.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Ma allora, una volta individuati i tratti salienti di questo contesto tanto staccato da una qualsiasi forma di realtà materiale, viene da chiedersi: su cosa poggia <i>Aquadro</i>? E quali sono le motivazioni che possono giustificare una simile impostazione?<br />
Ebbene, a mio parere <i>Aquadro </i>muove da un elemento diegetico (l'ossessione di Aberto per la "<b>virtualità</b>", per l'immagine filmata o fotografata, il suo essere sospeso tra una vita fatta di corpi e una fatta di schermi) per interrogarsi su quella che potremmo definire una riconfigurazione dell'individualità (e della soggettività) all'interno di un panorama mediale che ha profondamente modificato il nostro modo di relazionarci (anche da un punto di vista sentimentale/sessuale) agli altri, fino al punto da ridefinire drasticamente i parametri della nostra <i>visibilità</i> (come scoprirà a sue spese Amanda).<br />
E all'interno di questa struttura trova senso la significativa sequenza d'apertura in cui la protagonista impara a mettere un assorbente interno guardando un tutorial su YouTube, quasi a voler traslare da subito una situazione intima all'interno di un confronto dialettico tra realtà materiale (fisica, corporea) e presenza virtuale (l'immagine sullo schermo).<br />
<br />
<i>Aquadro </i>dimostra dunque di saper veicolare spunti di riflessione interessanti, e di fondare la propria struttura su una precisa idea di "contemporaneità" che emerge con assoluta precisione. Tutto questo riesce a ridimensionare l'incidenza di qualche piccolo "scricchiolio" che incrina la solida struttura sin qui delineata, ma che non può che essere ampiamente giustificato nell'economia complessiva di un'opera prima. Talvolta, forse, le immagini avrebbero potuto parlare di più, sottraendo peso e spazio a quelle situazioni e/o dialoghi che sembrano rivolgersi allo spettatore con un "ora ti spiego", come accade per esempio quando la forza visiva della enorme scritta "<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">A</span><sup style="font-family: Cambria;">2</sup>" sulla vetrata della scuola viene neutralizzata (o quantomeno ridimenzionata) dalla sequenza immediatamente successiva che sembra volerci "spiegare" - per l'appunto - l'accaduto. Si sarebbe potuto optare, inoltre, per un uso meno invasivo della musica, lasciando spazio a rumori e silenzi che talvolta avrebbero saputo raccontare molto più di quanto non facciano alcuni pezzi di puro accompagnamento.<br />
Ciò non nega, tuttavia, la riuscita di un'operazione coraggiosa, che ha saputo trovare nel Web uno spazio per poter sperimentare, e anche per poter sbagliare eventualmente, senza la pressione del Grande Schermo che, a fronte delle sue dimensioni, non sempre sa farsi garante di una <i>visibilità</i> che il cinema italiano deve ritrovare.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<b>UNA SUGGESTIONE VISIVA </b></div>
<div style="text-align: center;">
<b>da non confondere con una sovrainterpretazione!</b></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
Forse si tratta di una semplice suggestione figurativa... Ma l'assonanza visiva tra la "A" cerchiata, simbolo dell'<b>Anarchia</b>, e il simbolo "<span style="font-family: Cambria; font-size: 12pt;">A</span><sup style="font-family: Cambria;">2</sup>" che i due protagonisti scelgono di farsi tatuare sembra essere piuttosto evidente. A questo punto mi chiedo se questa assonanza non si rifletta nell'assenza di istituzioni (scolastiche e/o familiari) che è emersa anche dalla nostra analisi. Quella dei due protagonisti, in questo senso, sembra davvero una relazione anarchica, vissuta al di fuori di qualunque sistema regolamentativo, e mirata al raggiungimento di un'estrema condizione di libertà.<br />
Mi chiedo inoltre se tale suggestione non trovi una conferma nella sequenza in cui Amanda è richiamata dalla preside per essere sospesa dalla scuola (proprio a causa di un evento legato alla sua relazione con Alberto), sequenza nella quale il regista sceglie (e lascia percepire il peso di tale scelta) di escludere il controcampo sulla dirigente scolastica durante il confronto faccia a faccia con la studentessa, così da negare - anche in questo caso - la presenza visiva di una figura istituzionale, vertice di quello che è - a suo modo - un sistema di potere.<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="http://img.youtube.com/vi/Q_PV6zBc5gY/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="http://youtube.googleapis.com/v/Q_PV6zBc5gY&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="http://youtube.googleapis.com/v/Q_PV6zBc5gY&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><a href="http://www.cubovision.it/video/evidenza/cinextra/web-movies-rai-cinema/aquadro-prima-volta-non-si-scorda-mai">GUARDA IL FILM SU CUBOVISION</a></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-26794108547898364762013-03-10T12:25:00.000+01:002013-03-12T08:56:54.339+01:00PERSONAGGIO DEL MESE - Marzo 2013: Alfred Hitchcock<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-v-07KzySuc4/UTxt9cMsh5I/AAAAAAAAAhk/kw9dv3C42hI/s1600/hitch-save.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="207" src="http://2.bp.blogspot.com/-v-07KzySuc4/UTxt9cMsh5I/AAAAAAAAAhk/kw9dv3C42hI/s320/hitch-save.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Manca poco meno di un mese all'uscita nella sale italiane dell'attesissimo film che porterà sullo schermo le vicende produttive di <i>Psyco</i>, uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. E la scelta del titolo di questo film non poteva essere più sintetica: <i><b>Hitchcock</b></i>. Un nome che è ormai molto più che un "marchio di fabbrica" e che è giunto forse al punto di evocare in sé con fulminante immediatezza un immaginario complesso e affascinante.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per ingannare l'attesa, e consentire una piccola immersione in questo universo cinematografico, ho scelto di eleggere <b>Alfred Hitchcock</b> "Personaggio del mese" di Cineclash.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Inutile ricordare qui l'elenco dei suoi numerosissimi film, tra i quali risulterebbe difficile persino individuare una lista di "opere maggiori", la quale comporterebbe necessariamente l'esclusione di titoli - forse meno noti - che hanno comunque consentito al regista quella sperimentazione stilistica e narrativa che ha portato alla creazione di perle preziosissime quali <i>La donna che visse due volte</i>, <i>La finestra sul cortile, Notorious - L'amante perduta</i>, <i>Gli uccelli </i>o lo stesso <i>Psyco.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
C'è da chiedersi invece quale sia il motivo per cui i film di Hitchcock riescono ancora ad affascinare un così ampio numero di spettatori, come se il trascorrere del tempo non avesse quasi per nulla intaccato la loro "efficacia", anche oggi che il cinema ha a sua disposizione mezzi tecnici ed espedienti narrativi che hanno reso lo spettatore più smaliziato e molto meno suggestionabile. </div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-K1Jct4rkNuI/UTxuPBv0CBI/AAAAAAAAAhs/PQjFen8TNTs/s1600/hitchcock+truffaut.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="156" src="http://2.bp.blogspot.com/-K1Jct4rkNuI/UTxuPBv0CBI/AAAAAAAAAhs/PQjFen8TNTs/s200/hitchcock+truffaut.jpg" width="200" /></a></div>
E forse la risposta sta nella straordinaria capacità di Hitchcock di saper lavorare - come pochissimi altri - sullo spettatore e sui suoi meccanismi mentali di reazione al film, quasi che l'individuo seduto davanti allo schermo fosse un materiale da modellare in corso d'opera al pari delle immagini. Si pensi, solo per fare un noto esempio, al costante ricorso al meccanismo della <i>suspence</i>, a proposito della quale <b>Francois Truffaut</b>, evidenziando un atteggiamento di sufficienza col quale Hitchcock veniva trattato fino agli anni'60, ebbe a dire: "Rimproverare a Hitchcock di fare del <i>suspence</i> equivarrebbe ad accusarlo di essere il cineasta meno noioso del mondo, questo equivarrebbe ancora a biasimare un amante di dare piacere alla sua compagna anziché occuparsi soltanto del proprio" (F. Truffaut, <i>Il cinema secondo Hitchcock).</i> </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tra i nostri "personaggi del mese" ce ne sono due che non hanno mai fatto mistero di una grande ammirazione nei confronti di Hitchcock, la quale ha comportato tra l'altro anche un certo grado di influenza che è assolutamente palpabile in alcuni dei loro film. Il primo è il già citato Truffaut, il quale fin dagli anni della sua attività come critico cinematografico sulle pagine dei "<b>Cahiers du cinéma</b>" si è fatto portavoce di una necessaria rivalutazione dell'opera hitchcockiana, mentre l'altro è <b><a href="http://cine-clash.blogspot.it/2013/01/personaggio-del-mese-gennaio-2013-roman.html">Roman Polanski</a></b>, il quale ha fatto propria la lezione del Maestro all'interno di film come <i>Repulsion </i>o <i>L'inquilino del terzo piano</i>.</div>
<div style="text-align: justify;">
E allora, per concludere, mi piace lasciare direttamente a loro la parola, mediante la riproposizione di un estratto della trasmissione televisiva francese "Apostrophes" del 14 aprile 1984, durante la quale Truffaut e Polanski si confrontano ed esprimono i rispettivi punti di vista sull'opera di Hitchcock. Questo documento audiovisivo - avvalorato ulteriormente dal fatto di testimoniare l'ultima apparizione pubblica di Francois Truffaut, prima della sua prematura scomparsa - accompagnerà gli altri che, come sempre, saranno visibili per l'intero mese nella colonna sinistra del blog. Si tratta di estratti da <i>Senza respiro</i>, un omaggio reso ad Alfred Hitchcock dall'orchestra G. Verdi di Milano nella forma di un'immersione totale nei suoni e nelle immagini che hanno plasmato l'intera opera del regista. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
<b><a href="http://www.youtube.com/watch?v=C6I1zJ-LTmw">GUARDA L'INTERVISTA A TRUFFAUT E POLANSKI SU HITCHCOCK</a></b></div>
<div style="text-align: center;">
<b>(14 aprile 1984)</b></div>
<div style="text-align: center;">
<b><br /></b></div>
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<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-76289881190833963472013-02-07T10:06:00.001+01:002013-02-07T10:10:33.157+01:00Cineclash in riassestamento durante il mese di febbraio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-8FI-LTwWpDw/URNu3nedI2I/AAAAAAAAAhM/EWiQu26jmfk/s1600/logo.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-8FI-LTwWpDw/URNu3nedI2I/AAAAAAAAAhM/EWiQu26jmfk/s1600/logo.png" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Questi primi tre mesi di vita di Cineclash si sono rivelati per me fondamentali al fine di comprendere le necessità e le problematiche specifiche nella gestione di un blog. Sono giunto così alla conclusione che è assolutamente possibile - nonché necessario - estendere il raggio d'azione, così da includere nuove tematiche all'interno di questo spazio di discussione.</div>
<a name='more'></a><div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Sulla base di questa analisi, sto già progettando alcune soluzioni possibili che potrebbero rendere più vivo il dibattito e più frequente la pubblicazione di nuovi post. </div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Tale progetto non esclude (e anzi auspica) l'inclusione di nuovi collaboratori (pochi e selezionatissimi) che potrebbero affiancarsi a me nella pubblicazione degli articoli, senza che questo comporti un abbassamento della qualità delle analisi che resta il solo ed unico punto fermo del blog. </div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Tale fase di ridefinizione mi costringerà a prendere il mese di febbraio come un "momento di pausa", così da poter ripartire a marzo con il nuovo assetto, nella speranza che tutte le mie idee vadano in porto.</div>
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Ovviamente, sono aperto a qualunque consiglio e colgo l'occasione per invitare tutti a <a href="http://cine-clash.blogspot.it/p/contatti.html">inviarmi</a> suggerimenti, critiche e idee da prendere in considerazione per il futuro.</div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-69452518921051979532013-01-15T18:06:00.001+01:002013-01-16T08:54:15.055+01:00IN SALA - "La migliore offerta", di Giuseppe Tornatore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-xnSELcqDoes/UPPyjTa7PNI/AAAAAAAAAgc/B1OkYHSy6YA/s1600/la+migliore+offerta.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="http://3.bp.blogspot.com/-xnSELcqDoes/UPPyjTa7PNI/AAAAAAAAAgc/B1OkYHSy6YA/s320/la+migliore+offerta.jpg" width="320" /></a></div>
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<b>Giuseppe Tornatore</b> ritrae lo sguardo dagli ampi squarci della Storia per ripiegare verso una situazione più intima e raccolta. Abbandona la coralità a favore dell'individualità. Con <i><b>La migliore offerta</b></i> il regista siciliano si discosta da <i><b>Baarìa</b> </i>per riavvicinarsi a <i><b>La sconosciuta</b></i>, dimostrando forse - se ancora ce ne fosse stato bisogno - che è proprio all'interno di questa dimensione che il suo cinema riesce a esprimersi al meglio, senza restare imbrigliato nella maglie di uno stile pomposo che - per far fronte all'enormità di un contesto narrativo fuori portata - finisce per esibire se stesso, scadendo in un immotivato e sterile autocompiacimento.</div>
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Eppure c'è qualcosa che scricchiola anche in quest'ultimo film, come se il regista promettesse nei primi venti-trenta minuti molto più di quello che riesce effettivamente a mantenere.<br />
<a name='more'></a><br />
Proprio come l'antichissimo automa che Robert (<b>Jim Sturgess</b>) accetta di ricostruire a partire dai pezzi che l'anziano esperto d'arte Virgil Oldman (<b>Geoffrey Rush</b>) recupera nella villa dell'enigmatica signorina Claire Ibetson (<b>Sylvia Hoeks</b>), il film di Tornatore si presenta come un giocattolo misterioso e affascinante, composto da frammenti pregiatissimi, di assoluto valore, che si polverizzano però tra le mani del proprio costruttore al momento dell'assemblaggio, vanificando tutte le loro immense potenzialità.<br />
<br />
Per tutta la prima parte, infatti, il film si arricchisce di spunti assolutamente interessanti, tenuti insieme dalla discrezione e l'eleganza di uno sguardo autoriale che accarezza i personaggi e gli ambienti scegliendo di non far sentire eccessivamente il proprio peso.<br />
Emergono così i tratti che caratterizzano il protagonista del film, Mr. Oldman, un personaggio solitario, impermeabile e - potremmo aggiungere - misteriosamente anacronistico, in preda ad alcune ossessioni che si risolvono in una sorta di irrefrenabile desiderio di accumulo. Pensiamo, ad esempio, alle decine di paia di guanti ordinati su di un enorme mobile a parete e, soprattutto, alla preziosa collezione di ritratti femminili gelosamente custodita in una stanza segreta. Ritratti acquistati negli anni grazie alla collaborazione dell'amico Billy (<b>Donald Sutherland</b>), il quale partecipa per conto di Mr. Oldman alle aste da lui stesso battute, mescolando al fiuto per gli affari una spiccata passione per l'arte.<br />
Il meccanismo che muove la vita del vecchio Virgil Oldman si inceppa di colpo nel momento in cui irrompe il personaggio di Claire, la giovane donna che con una serie di telefonate riesce a vincere (forse con eccessiva facilità) la sua reticenza e ad avvicinarlo a sé, richiedendo al vecchio esperto d'arte una valutazione delle sue proprietà.<br />
Dopo una serie di appuntamenti mancati e di scuse accampate da Claire per giustificare le sue assenze, Mr. Oldman scoprirà che la donna vive rinchiusa in una stanza della sua villa, senza mai uscire in presenza di altre persone, per far fronte a una forma estrema di agorafobia che le provoca degli improvvisi e violentissimi attacchi di panico.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-m2IsnE5K1Yo/UPRL64KAFhI/AAAAAAAAAg0/IfRXlC5INJM/s1600/la+migliore+offerta+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="214" src="http://3.bp.blogspot.com/-m2IsnE5K1Yo/UPRL64KAFhI/AAAAAAAAAg0/IfRXlC5INJM/s320/la+migliore+offerta+2.jpg" width="320" /></a></div>
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Il film si tiene in equilibrio fin quando Tornatore può alimentare il mistero - e accrescere il numero degli indizi - senza curarsi di tirare le fila dell'articolato discorso narrativo che sta prendendo forma. Fino al momento, dunque, in cui Claire non si rivela agli occhi di Mr. Oldman, imprimendo al film un nuovo <i>mood</i>.<br />
La sapienza con cui il regista aveva giustapposto all'interno di una cornice raffinata ed elegante gli elementi di genere che risultavano funzionali alla sua storia non trova una felice risoluzione nella seconda parte del film, che sembra improvvisamente trasformare il misterioso e affascinante giocattolo - per riprendere la nostra metafora iniziale - in qualcosa di fin troppo familiare (dall'<i>unheimlich </i>all'<i>heimlich </i>potremmo dire).<br />
<br />
La potenza visiva di alcuni momenti che compongono la prima parte del film (pensiamo, solo per fare un esempio, alla <i>mise en abyme </i>del personaggio sotto il peso degli sguardi delle donne nei ritratti, idealmente reiterata - poco più tardi - nella relazione di "sguardo/impossibilità di sguardo" che lo lega a Claire fin quando la ragazza si nasconde nella sua stanza) sembra irrimediabilmente perduta nella seconda parte.<br />
Per oltre sessanta minuti ci ritroviamo di fronte ad un film che si è irreversibilmente trasformato in una creatura moribonda, incapace di ritrovare dentro di sé la forza espressiva che l'aveva inizalmente caratterizzato. La relazione tra Claire e Mr. Oldman si appiattisce sempre di più, normalizzandosi e tentando al contempo (fastidiosamente) di mascherare la propria normalità, fin quando un colpo di scena (piazzato a venti minuti dalla fine del film) interviene a sconvolgere tutti gli equilibri.<br />
Ma si tratta di un escamotage narrativo facile, troppo facile. Tornatore non gioca sul disvelamento, ma sulla restituzione di parti omesse, qualcosa che un narratore - avendo il coltello dalla parte del manico - può effettuare con estrema semplicità in qualunque momento. Non guardiamo il "giocattolo" con occhi nuovi, ma ci limitiamo ad aggiungere dei pezzi mancanti, che sarebbero peraltro risultati assolutamente superflui se il film avesse potuto contare su uno sviluppo più solido, senza dover obbligatoriamente ricorrere a un "trucchetto" finale che appare più che altro come un disperato massaggio cardiaco.<br />
<br />
Ed è così che La <i>Migliore offerta</i> lascia l'amaro in bocca tipico delle grandi occasioni mancate, come una meravigliosa barca arenata che per compiere il proprio viaggio avrebbe necessitato di ben altro timoniere.<br />
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<b>GUARDA UNA SEQUENZA DEL FILM</b></div>
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<b><br /></b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/tuZqm7sxn-c?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<b><br /></b>
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<b>GUARDA IL TEASER DEL FILM</b></div>
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<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="http://2.gvt0.com/vi/NsL-4ppRT_4/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/NsL-4ppRT_4&fs=1&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="http://www.youtube.com/v/NsL-4ppRT_4&fs=1&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-33872440635255585052013-01-09T15:40:00.001+01:002013-01-19T18:40:12.421+01:00PERSONAGGIO DEL MESE - Gennaio 2013: Roman Polanski<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-nCmn5sXF0RA/UO1P1F_DNcI/AAAAAAAAAe8/F6zLpVyineg/s1600/polanski.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="210" src="http://2.bp.blogspot.com/-nCmn5sXF0RA/UO1P1F_DNcI/AAAAAAAAAe8/F6zLpVyineg/s320/polanski.jpg" width="320" /></a></div>
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<i>"Mi tagli un braccio, va bene, io dico 'me e il mio braccio'. Mi tagli anche l'altro braccio, io dico 'me e le mie braccia'. Togli il mio stomaco, i mei reni, ammesso che sia possibile, io dico 'me e il mio intestino'. Ora, se mi tagli pure la testa, che cosa direi? 'Me e la mia testa' o 'Me e il mio corpo'? </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Che diritto ha la mia testa di chiamarsi Me?"</i></div>
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(tratto da <i>L'inquilino del terzo piano</i>)</div>
<i><br /></i>
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Con qualche giorno di ritardo presento il primo <b>"Personaggio del mese"</b> del 2013: <b>Roman Polanski</b>. Potrei tentare di abbozzare delle motivazioni che giustifichino questa mia scelta (prima tra tutte il fatto che Polanski compirà ad Agosto di quest'anno ottant'anni), ma il rischio sarebbe quello di incappare in inutili forzature. Il motivo è molto più semplice: rivedendo per caso in questi giorni due film come <i><b>Rosemary's Baby</b></i><i> </i>e <i><b>L'inquilino del terzo piano</b></i> è riaffiorato in me tutto l'entusiasmo e l'amore che da anni nutro nei confronti di questo straordinario regista e - contemporaneamente - è emerso il desiderio di condividerlo con i lettori di questo blog.</div>
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Nel farlo non ho potuto non considerare il fatto che questa scelta possa essere considerata non proprio "politicamente corretta", dato che negli ultimi anni il nome di Roman Polanski è stato associato meno ai suoi film e più alle note vicende giudiziarie - iniziate nel 1977 e tornate alla ribalta in seguito all'arresto del regista in Svizzera nel 2010 - legate al rapporto sessuale che Polanski consumò con l'allora tredicenne Samantha Geimer. Credo, tuttavia, che si possa omaggiare senza remore il suo cinema operando al contempo una sorta di "sospensione del giudizio" sull'uomo, esimendomi dal sentenziare perché non ritengo che sia questa la sede opportuna e perché considero questa vicenda estremamente delicata, complessa e non perfettamente chiara in tutti i suoi punti.</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
L'omaggio è dunque rivolto a una produzione cinematografica che si distende lungo un arco temporale di oltre cinquant'anni (il lungometraggio d'esordio <i><b>Il coltello nell'acqua</b> </i>è del 1962) e che sembra essere caratterizzata da una straordinaria continuità (stilistica e tematica) che non scade mai in una sterile e monotona reiterazione.</div>
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Quello di Polanski può davvero essere considerato un cinema antropologico, perché capace di mettere ripetutamente l'uomo sotto la lente d'ingrandimento, rivelandocelo in tutta la sua complessità e mostrandocelo talvolta immerso in una Realtà altrettanto complessa, proprio perché costantemente "contaminata" dalle proiezioni mentali che ogni soggetto riversa su di essa, fino al punto da renderla incerta, stratificata e non sempre perfettamente decifrabile. E' questo il caso dei film più celebri del regista come <i><b>Repulsion</b> </i>(1965), i già citati <i>Rosemary's Baby </i>(1968)<i> </i>e <i>L'inquilino del terzo piano </i>(1976) - opere che insieme vanno a comporre la cosiddetta "Trilogia dell'appartamento" - ma anche <i><b>Chinatown</b> </i>(1974), così come il meno riuscito <i><b>La nona porta</b> </i>(1999)<i> </i>e il recente <i><b>L'uomo nel'ombra </b></i>(2010).</div>
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-EqSEdHP6VkQ/UO1eTaG8K6I/AAAAAAAAAfU/MSBz64r7N8U/s1600/il+coltello+nell'acqua.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="177" src="http://4.bp.blogspot.com/-EqSEdHP6VkQ/UO1eTaG8K6I/AAAAAAAAAfU/MSBz64r7N8U/s320/il+coltello+nell'acqua.jpeg" width="320" /></a></div>
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C'è poi tutta una produzione meno nota, ma non per questo meno antrolopologica, che raccoglie una serie di film nei quali il regista fa un uso magistrale degli spazi chiusi al fine di circoscrivere in essi i suoi personaggi per veder evolvere (e talvolta esplodere letteralmente sotto il peso delle contraddizioni che si generano) i rapporti di forza che tra essi si instaurano. E' questo il caso del già menzionato film d'esordio <i>Il coltello nell'acqua</i>, ma anche di quell'opera dalle tinte beckettiane che è <i><b>Cul de sac</b> </i>(1966), così come di quello che è a mio parere il film più complesso di tutta la produzione polanskiana,<i> <b>La morte e la fanciulla</b> </i>(1994), nel quale il regista si dimostra capace di giocare con l'ambiguità del reale fino al punto da portare alla luce la plasticità (se non addirittura la reversibilità) del rapporto vittima-carnefice, rintracciandone le dinamiche in un ristrettissimo microcosmo (tre personaggi chiusi in un ambiente domestico) che si fa specchio - o cassa di risonanza - di un discorso notevolmente più ampio, forse addirittura universale.</div>
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<br /></div>
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Solo all'interno di questo quadro si può, infine, comprendere l'importanza di un film come <i><b>Carnage</b></i> (2011), vero e proprio punto di fuga di tutte le linee che attraversano l'opera del regista. Quasi un' opera-testamento, se non fosse che è già in lavorazione un nuovo film tratto dal dramma teatrale <i>Venus in Fur</i> di David Ives, e che sarà interpretato da Emanuelle Seigner, attuale moglie di Roman Polanski, e Louis Garrel. </div>
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-tMi7hYKlRpE/UO1euPaVwqI/AAAAAAAAAfc/la__UBpqijQ/s1600/Il-Pianista-film.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="203" src="http://3.bp.blogspot.com/-tMi7hYKlRpE/UO1euPaVwqI/AAAAAAAAAfc/la__UBpqijQ/s320/Il-Pianista-film.jpg" width="320" /></a></div>
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In conclusione mi preme mettere in luce solo altri due aspetti della produzione (non solo cinematografica) di Polanski. Il primo è la bellezza dei suoi cortometraggi giovanili, opere che meritano di essere viste non solo per rintracciare (come avviene il più delle volte) le potenzialità di un discorso stilistico e tematico che sarebbe poi confluito nelle opere della maturità, ma perché sono film che rivelano l'esistenza di un universo artistico già pienamente sviluppato, che trova una possibilità d'espressione specifica proprio nella forma breve del cortometraggio (e che sarebbe stato successivamente adattato alle necessità - tempistiche e narrative - imposte dal lungometraggio).</div>
<div style="text-align: justify;">
Il secondo elemento è l'autobiografia che il regista scrisse nel 1984, intitolata semplicemente <i>Roman</i>. Un titolo che - se pronunciato alla francese - rivela tutta la natura romanzesca di questo scritto, sia per la piacevolezza dello stile di scrittura che per le vicende in esso raccolte, scandite dalla presenza di eventi drammatici che - dall'infanzia trascorsa nella Polonia occupata dai nazisti, fino al brutale assassinio della moglie <b>Sharon Tate</b> nel 1969 - hanno irreversibilmente segnato la vita di questo cineasta. </div>
<div style="text-align: justify;">
L'esperienza del ghetto e dei campi di sterminio, nei quali la madre e la sorella di Polanski furono uccise, troveranno poi una loro collocazione all'interno del film <i><b>Il pianista</b></i>, vincitore di una meritata Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 2002.<br />
<br />
<b>I contributi inseriti nella rubrica audiovisiva "Personaggio del mese"</b> - che, lo ricordo, è collocata nella colonna sinistra del blog - fanno tutti riferimento al documentario <i><b>Roman Polanski. A film memoir</b></i>, diretto da Laurent Bouzereau.<br />
Oltre al trailer, troverete tre estratti del film della Bouzereau. Nel primo, estremamente toccante, Polanski racconta il suo primo incontro con la futura moglie Sharon Tate, barbaramente uccisa - come già ricordato - nel 1969 da un gruppo di adepti alla setta satanica di Charles Manson che fecero irruzione in casa sua in un momento in cui Polanski non era presente (la donna era, peraltro, all'ottavo mese di gravidanza).<br />
Nel secondo estratto, il regista racconta i suoi esordi nel cinema, dalla partecipazione come attore nel film <i>A Generation</i> di Andrzej Wajda, fino all'iscrizione alla scuola di cinema di Lodz.<br />
Nell'ultimo estratto Polanski si immerge in alcuni dolorosi ricordi risalenti al periodo in cui visse nel ghetto di Cracovia, accompagnati da alcune sequenze tratte dal film <i>Il pianista</i>, evidentemente plasmate sulla base di quelle stesse dolorose immagini che si sono impresse nella memoria del regista.<br />
<b><br /></b>
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<b>GUARDA IL CORTOMETRAGGIO<i> </i></b></div>
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<b><i>DUE UOMINI E UN ARMADIO </i>(1958)</b></div>
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<b><br /></b></div>
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<b>PARTE 1</b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/nponsMD-Sn4?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<b>PARTE 2</b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/pClpss-iiKM?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-26509787500855564412012-12-17T18:50:00.001+01:002012-12-17T18:50:09.225+01:00IN SALA - "Il sospetto", di Thomas Vinterberg<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-moiG7_8itUg/UM9NK-uED1I/AAAAAAAAAdw/5qWcbFSvdNg/s1600/il_sospetto_mads_mikkelsen-56120092.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="178" src="http://4.bp.blogspot.com/-moiG7_8itUg/UM9NK-uED1I/AAAAAAAAAdw/5qWcbFSvdNg/s320/il_sospetto_mads_mikkelsen-56120092.jpg" width="320" /></a></div>
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Moltissimo cinema contemporaneo ci ha abituato a rinunciare all'idea di una posizione unica e rigida nei confronti della storia che un film ci racconta o, detto in altri termini, ci ha ripetutamente posto di fronte a forme di narrazione complessa che rendono necessaria da parte nostra una continua reinterrogazione delle singole situazioni, per giungere a delle forme di verità sempre parziali e quasi mai definitive. Il punto di vista dello spettatore contemporaneo è qualcosa di fluido, continuamente riconfigurato nel corso della visione di un film.</div>
<div style="text-align: justify;">
Con <i><b>Il sospetto</b>, </i>film presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, <b>Thomas Vinterberg</b> sembra andare programmaticamente controcorrente, mettendo lo spettatore nella condizione di conoscere fin da subito la verità - l'unica verità esistente - ma costringendolo, nonostante ciò, a fare i conti con delle forme altalenanti di partecipazione emotiva che lo portano a comprendere anche le ragioni di chi è (a sua insaputa) dalla parte del torto.<br />
<a name='more'></a></div>
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Esiste una verità: Lucas (<b>Mads Mickelsen</b>) è innocente. Esiste una menzogna: Lucas è un pedofilo. </div>
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La menzogna nasce da alcune dichiarazioni di Klara (Annita Werderkopp), la figlia del migliore amico di Lucas che frequenta l'asilo in cui l'uomo lavora. Dichiarazioni che sono frutto di una banale forma di rancore infantile che, proprio in quanto tale, si rivela tanto puro quanto pericoloso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Esiste anche un colpevole in questo film: è Sigmund Freud. </div>
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-RsexJCpKOk4/UM9YXzEaViI/AAAAAAAAAeg/eusWeX_GMnk/s1600/il+sospetto.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="133" src="http://4.bp.blogspot.com/-RsexJCpKOk4/UM9YXzEaViI/AAAAAAAAAeg/eusWeX_GMnk/s200/il+sospetto.png" width="200" /></a></div>
Si tratta ovviamente di un'affermazione provocatoria, che non è però del tutto infondata, dato che il regista sembra avanzare una critica velata, ma non per questo poco incisiva e netta, nei confronti di quella che potremmo definire la "vulgata freudiana", mettendo in luce i pericoli che possono derivare da un utilizzo profano e superficiale della psicoanalisi, soprattutto se indirizzato nei confronti di una bambina.<br />
A gonfiare la menzogna e a trasformarla in una verità condivisa da un'intera comunità è infatti l'atteggiamento pop-psicanalitico di chi come Grethe (Susse Wold), la direttrice dell'asilo, e in parte anche Agnes (Anne Louise Hassing), la madre di Klara, ricorre senza la giusta consapevolezza a concetti complessi come quello di "rimozione" per giustificare la repentina ritrattazione delle accuse da parte della bambina. Un atteggiamento che giunge a insinuare nella stessa Klara il dubbio sulla veridicità delle sue affermazioni, generando in lei una confusione che non le consente di capire se quel che ha raccontato non è mai accaduto davvero o se invece lo ha dimenticato... lo ha "rimosso".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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Tornando alla struttura narrativa, si può dunque dire che il sapere dello spettatore è allineato per tutto il film al sapere di Lucas, che è l'unico personaggio assolutamente certo della propria innocenza.<br />
Esistono però dei punti di vista differenti: quello dell'intera comunità, per esempio, che si convince della colpevolezza di Lucas e finisce per emarginarlo. In questo gruppo rientrano i colleghi di Lucas, i genitori di Klara e, in parte, anche Nadja, la donna con cui Lucas ha una relazione. I loro atteggiamenti giungono ad essere deprecabili e a tingersi di violenza, ma si tratta di una violenza cieca di chi, a fronte delle ragioni addotte da un uomo da sempre stimato e rispettato, non riesce a vedere altro che l'oscena verità che una bambina così piccola e innocente non può aver inventato (per inciso: le immagini che alimentano l'immaginazione di Klara provengono dal materiale pornografico visionato sul tablet del fratello maggiore). La loro posizione è oggettivamente sbagliata, eppure si riesce a comprendere la loro rabbia - in particolare per quel che concerne i genitori della bambina - pur se non si giunge a condividerne gli esiti più violenti. </div>
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C'è poi la posizione di Theo, un amico di Lucas, e quella di Marcus, suo figlio, i quali sono convinti dell'innocenza dell'uomo. </div>
<div style="text-align: justify;">
C'è infine il punto di vista di Klara che, come detto, è molto sfumato perché costantemente in bilico tra la realtà (dei fatti) e l'immaginazione (fondata, comunque, sulla "concretezza" delle immagini pornografiche viste, e alimentata peraltro dalle marmoree certezze delle persone che la circondano).</div>
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<br /></div>
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Per chi ricorda<b> <i>Festen</i></b>, film diretto da Vinterberg nel 1998 (e passato alla storia come la prima opera realizzata secondo i dettami del manifesto <b>Dogma 95</b>, di cui il regista fu ideatore insieme a Lars Von Trier), non risulterà difficile individuare un'evidente ricorrenza: l'accusa di atti di pedofilia che interviene a sconvolgere gli equilibri (in quel caso fragili già in partenza) all'interno di un gruppo di individui. Ma mentre in <i>Festen</i> il fuoco era posto sul riemergere di un dramma familiare legato a degli abusi sessuali, nel caso de <i>Il sospetto</i> lo spettatore è trascinato nel vortice d'isolamento di cui resta vittima quello che per tutti è il solo carnefice. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il dramma reale del film è quello di un uomo che non riesce a dimostrare la propria innocenza e che resta vittima non di un complotto ordito nei suoi confronti (come avviene, solo per fare un esempio, ne <i>L'angolo rosso </i>di Jon Avnet), ma dell'assoluta "umanità" dei suoi accusatori, il che rende - come già detto - notevolmente complessa la posizione dello spettatore pur nell'assoluta trasparenza e linearità della trama. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Conosciamo la verità, sappiamo dov'è la ragione, eppure non riusciamo a stare costantemente da una sola parte. E quando i titoli di coda iniziano a scorrere, percepiamo di essere stati messi a dura prova.</div>
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<b>GUARDA UNA SEQUENZA DEL FILM</b></div>
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<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="http://1.gvt0.com/vi/RBRKdf_v70E/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/RBRKdf_v70E&fs=1&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="http://www.youtube.com/v/RBRKdf_v70E&fs=1&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
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<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b></div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/6Ou322ShBYU?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-79780627494447737032012-12-07T11:40:00.001+01:002012-12-12T08:31:03.809+01:00EVENTO - "Cinema & Rete" XVIII Convegno Internazionale di Studi Cinematografici (10-12 dicembre 2012)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-_LQ-gOHqdXY/UMHJQwjYFrI/AAAAAAAAAdU/gw3dqXBxGoI/s1600/Locandina+Cinema+&+Rete.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-_LQ-gOHqdXY/UMHJQwjYFrI/AAAAAAAAAdU/gw3dqXBxGoI/s320/Locandina+Cinema+&+Rete.jpg" width="231" /></a></div>
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Da molti anni ormai i <b>Convegni Internazionali di Studi Cinematografici</b> organizzati dal Di.Co.Spe. (<b>Dipartimento </b><b>Comunicazione e Spettacolo</b>) dell'<b>Università Roma Tre</b> sono divenuti un'occasione per cercare di cogliere le modalità attraverso cui si sviluppa e si modifica nel tempo la costante e vitale convergenza tra il cinema e gli altri linguaggi (artistici e non).</div>
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Edizione dopo edizione, si è tentato di individuare una serie di aree tematiche all''interno delle quali tale convergenza potesse venire alla luce ed essere esplorata, ponendo sempre l'interdisciplinarietà al centro del dibattito ed eleggendola a strumento d'analisi privilegiato. </div>
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In questi anni, studiosi provenienti da tutto il mondo si sono confrontati sulle relazioni che il cinema intrattiene con la Politica (2008), sulle modalità con cui prende forma il "dialogo" tra il cinema italiano e le culture europee (2009) e sulle possibilità per il cinema di essere parte di discorsi urgenti e di ampio raggio come quelli sul tema dell'energia (2010) e della diversità culturale (2011).</div>
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Quest'anno si è scelto di puntare la lente di ingrandimento sulle complesse interconnessioni che si stabiliscono tra il cinema e la Rete, per cercare di apportare un ulteriore contributo a un discorso aperto e assolutamente "urgente" che evolve e si espande quotidianamente sotto i nostri occhi.</div>
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E così, a partire <b>dal pomeriggio di lunedì 10 dicembre </b>e<b> fino alla sera di mercoledì 12 dicembre</b>, nella location ormai classica del <b>Teatro Palladium di Roma</b>, le giornate saranno scandite da una tripartizione che prevede due sessioni convegnistiche (una mattutina che inizia alle 9.30 e una pomeridiana che inizia alle 15.30) seguite da una serie di eventi serali caratterizzati da proiezioni e dibattiti con autori e studiosi presenti in sala.</div>
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-AeyjmNCMCCk/UMHHfDJGHVI/AAAAAAAAAdE/Sp5BS_EB1Ko/s1600/Rete.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="138" src="http://1.bp.blogspot.com/-AeyjmNCMCCk/UMHHfDJGHVI/AAAAAAAAAdE/Sp5BS_EB1Ko/s200/Rete.png" width="200" /></a></div>
Al centro dei dibattiti che si succederanno nel corso dei numerosi panel del convegno sarà evidentemente posto il ruolo dei Nuovi Media nella definizione del panorama audiovisivo contemporaneo, ma anche i modi attraverso cui può essere inteso oggi il<b> </b>rapporto tradizionale tra il cinema e le altre arti (teatro e musica in particolare) secondo una concezione più ampia di "rete" che non si limita soltanto a Internet e alla comunicazione 2.0. Uno spazio sarà dedicato anche al ruolo e all'identità della critica cinematografica all'epoca del Web. </div>
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Nel corso del convegno, curato dai professori <b>Vito Zagarrio</b>, <b>Marco Maria Gazzano</b> e <b>Christian Uva</b>, interverranno anche importanti studiosi internazionali come il sociologo canadese <b>Derrick de Kerckhove</b>, noto soprattutto per la sue teorizzazioni sulle "Intelligenze Connettive", oltre a una serie di importanti studiosi italiani provenienti da differenti ambiti accademici: cinema, filosofia, comunicazione, psicologia, teatro, musica.</div>
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Le tre serate, che inizieranno alle ore 21.30, diverranno invece l'occasione per un confronto diretto con materiali audiovisivi che palesano l'evoluzione imposta dalla Rete nei modi di "comunicare" e di "produrre". </div>
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Lunedì 10 dicembre, nell'ambito dell'evento <i><b>Dallo spot al post: i video politici dagli anni '80 a oggi</b></i>, curato dal prof. Edoardo Novelli, saranno illustrati i risultati di una Ricerca Prin del 2008 sulla "popolarizzazione della politica", attraverso i contenuti del sito internet <i>www.archivipolitici.it.</i></div>
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-3RYEcTlAZwk/UMHG4LiTNXI/AAAAAAAAAc8/S04mxpKJxr4/s1600/five-ways-to-use-social-media-for-economic-re-L-i6lnfY.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="200" src="http://3.bp.blogspot.com/-3RYEcTlAZwk/UMHG4LiTNXI/AAAAAAAAAc8/S04mxpKJxr4/s200/five-ways-to-use-social-media-for-economic-re-L-i6lnfY.jpeg" width="178" /></a>Martedì 11 dicembre la serata sarà invece dedicata alla Primavera Araba, caratterizzata - come noto - da una forte incidenza dei Social Network sulla circolazione di immagini e notizie durante i giorni delle rivolte in Tunisia, Egitto e Libia. L'evento, intitolato <i><b>Primavere irretite. Le rivoluzioni arabe dal Web al cinema</b> </i>sarà curato dal prof. Leonardo De Franceschi e dalla prof.ssa Gina Annunziata.</div>
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Nel corso della serata conclusiva, mercoledì 12 dicembre, sarà invece proiettato il<i style="font-weight: bold;"> </i>"film partecipato" <i><b>Il pranzo di Natale</b>, </i>un documentario ideato e coordinato dalla regista Antonietta De Lillo a partire da una serie di video realizzati dagli utenti del Web.</div>
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Nel tardo pomeriggio di martedì, a margine di un panel intitolato <i>Art is Open Source</i>, verrà inoltre presentato in anteprima mondiale l'ultima opera del videoartista francese <b>Robert Cahen</b> <i>Passaggi</i>. </div>
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<b><a href="http://gina.uniroma3.it/download/1355129098_193.PROGRAMMA.pdf" target="_blank">SCARICA IL PROGRAMMA</a></b></div>
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<b><a href="http://gina.uniroma3.it/download/1354802705_190.Locandina%20cinema%20e%20rete.JPG" target="_blank">SCARICA LA LOCANDINA</a></b></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4300522555481507099.post-77398784820804107222012-12-04T22:55:00.000+01:002012-12-05T07:40:23.599+01:00PERSONAGGIO DEL MESE - Ken Loach a Roma per la presentazione del suo ultimo film<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-xjQd5ivVlvM/UL3zlMg0YGI/AAAAAAAAAb0/k_NoWgZLUj8/s1600/ken+loach2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="116" src="http://4.bp.blogspot.com/-xjQd5ivVlvM/UL3zlMg0YGI/AAAAAAAAAb0/k_NoWgZLUj8/s320/ken+loach2.jpg" width="320" /></a></div>
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<b>Ken Loach</b> sarà a Roma domani, mercoledì 5 dicembre, per presentare il suo ultimo film <i><b>La parte degli angeli </b></i>(Premio Speciale della Giuria all'ultimo Festival di Cannes) che sarà in sala dal 13 dicembre.</div>
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<span style="text-align: justify;">In linea con la sua presa di posizione di queste ultime settimane, il regista inglese ha scelto di incontrare giovedì 6 i lavoratori del Museo Nazionale del Cinema di Torino che hanno perso il lavoro. Un incontro in cui, come ha dichiarato lo stesso Loach, saranno posti al centro dell'attenzione il problema dei subappalti e quello dei bassi salari. </span></div>
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Nel frattempo stenta a placarsi la scia di polemiche che ha fatto seguito al rifiuto del regista di ritirare il Premio alla Carriera che gli era stato tributato dal Torino Film Festival. In particolare il regista <b>Gianni Amelio</b>, direttore in carica del Festival, sembra aver reagito davvero male al rifiuto di Loach, come emerge chiaramente dalla sue dichiarazioni:</div>
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<i>Avevo invitato Loach, regista che stimo, a ritirare il premio Gran Torino e non per presentare il suo film, cosa che può fare dove gli pare. Nel momento in cui rifiutava il premio allora era evidente che poteva starsene a casa.</i></div>
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Amelio ha anche aggiunto che riterrebbe opportune delle scuse ufficiali da parte di Loach nei confronti del Torino Film Festival. </div>
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Permettetemi, personalmente, di dissentire.</div>
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<b>GUARDA IL TRAILER DEL FILM</b><br />
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/NYYWhPzwppU?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<b>ARTICOLI CORRELATI</b></div>
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<b>- <a href="http://cine-clash.blogspot.it/2012/11/il-piccolo-grande-gesto-di-ken-loach.html" target="_blank">Il piccolo grande gesto di Ken Loach</a></b></div>
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<b>- <a href="http://cine-clash.blogspot.it/2012/12/personaggio-del-mese-dicembre-2012-ken.html" target="_blank">PERSONAGGIO DEL MESE - Dicembre 2012: Ken Loach</a></b></div>
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Elio Ugentihttp://www.blogger.com/profile/09053315219670587116noreply@blogger.com0